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10 Marzo 2020

Jojo Rabbit Taika Waititi

2020 - Walt Disney Italia / 20th Century Fox

 

Regia: Taika Waititi. Cast: Roman Griffin Davis; Thomasin Mckenzie; Taika Waititi; Scarlett Johansson; Sam Rockwell. Genere: Commedia, Drammatico. Gemania - U.S.A. Durata 108 minuti.

L'acuta commedia satirica che si stempera nella favola dalla morale già sentita. Elargire umorismo dissacratorio è sempre possibile. Anche sugli argomenti tabù.
E senza risultare sgradevoli o inopportuni. Un emergente regista neozelandese prova a regalare al pubblico una satira che sdrammatizza proprio sul periodo più buio del secolo scorso. La ricetta che propone, nelle prime battute, appare amalgamata alla perfezione. Personaggi caricaturali particolarmente incisivi, sketch acuti e mai eccessivi, enfatizzazioni delle magagne del Reich che sanno regalare un ghigno non troppo smorzato dalle ombre della storia. Prendi un bambino della gioventù nazista. Biondo e dal faccino talmente tenero da fare a cazzotti con il suo contesto sociale. Obnunilato dal mito del Fuhrer e dell'invincibile armata tedesca che gli hanno inculcato sin dalla culla. Potrebbe essere uno dei tanti giovani balilla degli anni '20. Magari anche uno dei nostri nonni. Nei suoi eroici sogni di patriottismo immagina conversazioni che non sarebbero mai avvenute con zio Hitler in persona. Ma le SS non sono gli scout, le foreste trincea e non scampagnata, e Jojo il coniglio dal cuore troppo poco sanguinario si ritrova ben presto risucchiato in esilaranti momenti di confusione. Prendi un goffo Adolf in divisa che guida il piccolo Jojo nei meandri dell'immaginazione. Ne sostituisce amorevolmente la figura paterna dispersa in guerra, lo prende per mano da buon pigmalione o lo sprona a realizzare il suo sogno di combattere per madre Germania. In fin dei conti, non è altro che la figura dello zietto affettuoso e benefattore che ammanta il profilo dei dittatori che riescono a plasmare le menti dei loro sudditi. Ma nel segreto della sua divisa (meglio, corazza) baffetto fashion è persino più pavido dello sciocco nipotino e il tandem si rende protagonista di duetti memorabili. Le giornate di Jojo Rabbit, benché segnate dal suo fallimento nella naja, scorrono serene fino a quando nel suo orizzonte fa capolino lo spettro di tutti i mali. Una bambina ebrea, a mezza via tra lo scheletro e l'alieno, annidata tra le travi della sua casetta. Potrebbe essere uno scherzo della sua fervida immaginazione. O una nuova amica/nemica terribilmente reale. Di certo potrebbe fare da contraltare ad Adolf l'immaginario, un po' come il diavolo e l'acquasanta appostati sulle spalle del giovinetto. Potrebbe. Ma non sarà. Sullo sfondo una formidabile mamma Scarlett. Si presenta sotto le mentite spoglie di una tedesca di ferro desiderata da tutti i gerarchi. Un portamento che ricorda l’allure di Eva Braun, benché di quest’ultima non condivida la sottomissione. Ben presto rivela il suo animo sovversivo che la elegge a scheggia impazzita della storia. Mamma presente ma dall'amore ambivalente verso quel figlio inquinato, non vuole rischiare di mandarlo al macello con la redenzione.
Potrebbe essere un fantastico arbitro della contesa tra i due ospiti della quotidianità di Jojo. Potrebbe, ma non sarà. Il primo tempo regala innumerevoli spunti e lascia fantasticare lo spettatore su possibili sviluppi. Tuttavia, la seconda parte del film sembra disattendere - almeno in parte - le premesse. L'umorismo dissacratorio tramonta e lascia il posto ad una storia (favolesca e) fanciullesca, al racconto di una crescita raggiunta attraverso momenti di tenerezza quasi stucchevoli, grappoli di tristezza lasciati in superficie, episodi bellici poco probabili, dialoghi spontanei che regalano mesti sorrisi ma che non lasciano il segno. Mamma Scarlett, possibile arbitro della contesa tra il bene ed il male che nel corso del film si scambiano i ruoli nel pensiero di Jojo, esce di scena troppo presto. Anche se questo permette al bimbo nazi ed alla sua nuova compagna di giochi di intensificare il loro rapporto. E di trasformare minuto dopo minuto l'aspetto della ragazzina, che da mostro spaventevole diventa una graziosa adolescente, sciogliendo la cataratta del pregiudizio che aveva offuscato le pupille del protagonista. Metamorfosi particolarmente riuscita. Al di là di questo, tra alcuni suggestivi scenari che riecheggiano le opere di Wes Anderson, qualche scarabocchio sul tema ebraico -firmato Jojo- che ricorda tanto le greche fatte alle elementari, frammenti di ingenuità bruciata dagli eventi, il film volge al termine seguendo la parabola discendente del Terzo Reich. Ma non del tutto.
La danza della libertà rimane un simbolo. Apprezzato anche quando risulta prevedibile.
Specie se la base musicale suggerisce una riflessione su quali siano realmente gli eroi. L'idea di Waititi è stata incredibilmente geniale. Forse irripetibile.
La sua realizzazione, purtroppo, non ha convinto appieno.

Voto: 6/10
Alessio Fugazzotto

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