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27 Dicembre 2012

Good Vibrations Lisa Barros D’Sa - Glenn Leybur

2012 - UK/Irlanda

goodvibrations-posterE’ un film che mi ha emozionato un bel po’ “Good Vibrations”, proiettato al Torino Film Festival nella sezione Festa mobile. Diretto, genuino, appassionato come ormai pochi film riescono a essere, ma è soprattutto la storia che racconta a colpire dritti al cuore. Nessun amante della musica di qualsiasi genere potrà rimanere indifferente alla visione di questo film. Al TFF è stato applaudito da tutti, dal ragazzino alla signora attempata in pelliccia. La storia narrata dai due registi irlandesi, Lisa Barros D’Sa e Glenn Leybur e sceneggiata da Glenn Patterson and Colin Carberry, è quella vera di Terri Hooley, proprietario di un negozio di dischi in vinile a Belfast, aperto negli anni ’70 e tuttora esistente, nonostante alcuni periodi di chiusura forzata in passato. Hooley è considerato il padre del punk nordirlandese avendo tenuto a battesimo, con l’etichetta discografica aperta con lo stesso nome del negozio, molte band dell’epoca, tra cui gli Undertones. Ma non c’è solo la musica in “Good Vibrations”. Parlare della Belfast degli anni ’70, infatti, significa necessariamente parlare del cosiddetto “conflitto nordirlandese” (noto in Gran Bretagna come The Troubles) che ha portato la guerra in quell’angolo a nord dell’isola dalla fine degli anni ’60 alla fine degli anni ’90, con oltre 3000 morti.

 

Si è trattato di un conflitto a sfondo religioso tra la maggioranza protestante e la minoranza cattolica del paese, al quale il governo britannico ha spesso fatto fronte in maniera inadeguata e che si è concluso nel 1998, durante il mandato di Tony Blair, con un accordo di pace. Gli scontri nelle strade di Belfast, le devastazioni a fuoco, le bombe in Irlanda del Nord e a Londra, erano notizie all’ordine del giorno. Molti ricorderanno dai telegiornali italiani le immagini di Belfast in assetto da guerra, tra coprifuoco, reti spinate, incendi e devastazioni, immagini di repertorio che nel film “Good Vibrations” vengono alternate aigood vibrations momenti narrativi legati alla storia del protagonista. Non che ci sia una separazione così netta in fondo tra le vicende di Terri Hooley e il conflitto: anzi, l’aspetto che forse più commuove nel film è proprio la considerazione che emerge di come la musica possa essere, da un lato, un rifugio ai conflitti esterni ma, dall’altro, anche un modo di superarli. C’è un momento, in una delle scene finali del film, quando Hooley va a un concerto di Siouxsie Sioux, in cui dice a un giornalista televisivo che lo intervista e riferendosi al pubblico del concerto: “questi ragazzi non sono il problema, questi ragazzi sono la soluzione del problema”.

 

Terri Hooley (interpretato nel film dal bravo Richard Dormer), pur provenendo da una famiglia dichiaratamente socialista (il padre si candidava a ogni elezione, perdendola regolarmente), non si è mai schierato politicamente, non stava da nessuna delle due fazioni in guerra e per dimostrarlo, avendo consapevolezza del potere della musica, universale, superiore a ogni credo politico e a ogni divisione religiosa, decide di aprire il suo negozio proprio sulla Great Victoria Street, la via che segnava la separazione tra la Belfast cattolica e quella protestante, il centro – anche simbolico – del conflitto. Lo chiama non a caso “Good Vibrations”, con il titolo di una canzone dei Beach Boys poiché è la musica con cui Hooley è cresciuto (belle le scene dell’infanzia accompagnate dal brano I Saw the Light di Hank Williams, con il vinile che gira come primissima inquadratura del film), ma con un nome simbolico anche per le vibrazioni positive che quel negozio e la "Good Vibrations"musica porteranno in quel luogo. S’indebita per aprire il negozio, ma ha il sostegno di alcuni amici e della moglie, la ragazza incontrata tempo prima in un locale nel quale erano gli unici due avventori, lui come dj e lei a ballare in mezzo a una sala vuota.

 

Prima del conflitto i locali di sera si riempivano di gente - spiega nel film - ma il clima di guerra, il coprifuoco e le divisioni religiose hanno spento  la vita musicale della città e coloro che prima erano amici ora si odiano. Dunque il negozio Good Vibrations apre nonostante tutto. Poca pubblicità, se non un’immagine cartonata di Elvis davanti alla porta e il negozio diventa una realtà. Naturalmente non ha vita facile. Poi una sera Terri Hooley scopre che c’è ancora qualche locale che fa musica dal vivo. Un amico lo trascina a un concerto di una band del luogo, gli Outcasts, suonano punk e il locale è gremito di gente che balla. Arriva un poliziotto per fare dei controlli e Terri reagisce accompagnato da quella musica, da un brano degli Outcasts che inneggia contro la polizia. La gente di quel locale accompagna la protesta e il poliziotto se ne va. Terri è incredulo e felice. Forse non tutto è ancora perduto a Belfast. Il punk è ribellione, una forza dirompente, l’unico potere rimasto a una popolazione divisa e stremata da una situazione di guerra. In Irlanda del Nord il punk non è stato solo un movimento musicale. Lo dirà Hooley sul palco di un concerto organizzato dalla Good Vibrations: “a New York avranno il taglio di capelli, a Londra i pantaloni, qua a Belfast abbiamo le motivazioni per essere punk”. Lo ha ribadito anche Joe Strummer dichiarando: “se il punk era duro, l’Ulster lo era di più”.

 

Un poliziotto che nel film ferma Hooley e gli Outcasts durante il viaggio in un tour di concerti chiede loro da quale parte di Belfast vengano per capire se sono cattolici o protestanti e la risposta che ottiene è molto significativa: nessuno sa da dove vengano gli altri, non se lo sono mai chiesti e solo in quel momento si scopre che alcuni vengono dalla zona cattolica altri da quella protestante. Ecco cos’è stato il punk in Irlanda del Nord. Lo spiega anche nel suo sito web Hooley: “non importava di che colore avevi i capelli o se eri protestante o cattolico, importava solo che eri punk”. Avvicinatosi alla nascente scenaGood_Vibrations punk, Terri Hooley decide allora di cominciare a sostenere quella musica, permettendo a quei ragazzi di stampare i loro primi dischi, autoprodotti, attraverso un’etichetta casalinga, la “Good Vibrations”. S’indebita ulteriormente e questo gli costerà anche il matrimonio e l’allontanamento della moglie e della figlia. Ma non si ferma. L’entusiasmo e la speranza che quella musica gli hanno dato è più forte di qualsiasi altra cosa della sua vita, anche dei soldi che rifiuta quando gli viene offerto un compenso per produrre gli Undertones: tutto ciò che chiede sono 500 sterline per comprare un furgone nuovo e una foto autografata delle Shangri-La. Questo è uno dei momenti più toccanti del film, emozione pura e indescrivibile, che mi fa correre un brivido lungo la schiena.

 

Gli Undertones, tra l’altro, li ho visti in concerto proprio un paio di anni fa al Festival Beat di Salsomaggiore. Terri Hooley ha prodotto il loro primo singolo, Teenage Kicks e, come si vede nel film, l’ha portato personalmente a Londra per farlo ascoltare a vari discografici che lo liquidano senza neanche sentire di cosa si tratta. Lo porta quindi alla BBC per lasciarlo a John Peel ma non riesce a farsi ricevere. Però là, nella hall, c’è un impiegato goood vibrations che si ricorda di Terri perché nel suo negozio di Belfast ha trovato una copia del vinile di “Easter Everywhere” dei 13th Floor Elevators che cercava da tempo.  Terri non ha più notizie dalla BBC finché una sera non sente uscire dalla radio le note di Teenage Kicks. E’ il climax del film e un momento di grande pathos. Ce ne sono molti altri, ve li vorrei raccontare tutti per condividere con chi leggerà questa recensione le tante meravigliose sensazioni che “Good Vibrations” mi ha regalato, ma le parole non riescono certo a sostituire le emozioni e quindi non posso fare altro che consigliare a tutti la visione del film, sperando che possa presto avere anche una distribuzione italiana.

 

 

Rossana Morriello

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