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17 Ottobre 2016

Spazio Teatro Dario Fo: 1926 - 2016

2016 - Italia

dario_fo-1                          I N T R O

 

Tra le migliaia di cianfrusaglie che costituiscono lo sterminato archivio nel quale raccolgo da circa un cinquantennio (non senza una certa dose di maniacalità e con un pizzico di lucida follia) i documenti della mia attività nell’ambito della comunicazione, c’è una foto in bianco e nero alla quale sono particolarmente legato. Mi ritrae in una conversazione serena e rilassata con Dario Fo, mentre attorno a noi siedono un Giorgio Gaber intento a seguire quanto dice il maestro e un elegante Giulio Bosetti che fa compagnia a Franca Rame, la quale, per la propria parte, non sembra distrarsi dalla conversazione del marito. È la metà degli anni Ottanta. Siamo tutti ospiti del Taormina Arte, presso un bell’albergo sulla spiaggia di Mazzarò, in occasione di una delle “Feste per il Teatro” in cui ciascuno di loro, nello splendido Teatro Antico taorminese, avrebbe ritirato il proprio “Biglietto d’oro” per i personali successi di botteghino.

nello con dario fo & cÈ facile immaginare la mia grande soddisfazione nel trovarmi (foto a destra) al cospetto di artisti così grandi: in quello stesso pomeriggio avrei realizzato con ciascuno di loro delle splendide interviste, in successivi incontri avrei arricchito l’immagine con la dedica di Franca e gli autografi di Dario e di Bosetti. Non avrei più avuto la fortuna, ahimè, di incontrare il dolce e gentile Giorgio Gaber, primo ad andarsene via. La scomparsa di Dario Fo mi ha riportato alla mente quella e le tante altre occasioni nelle quali, nell’arco di più di un quarantennio, ho avuto modo di constatare che un personaggio dario fo 704119pubblico così amato (talora anche disprezzato), un artista che ha incarnato uno dei più importanti capitoli della nostra storia culturale, era anche una bellissima persona, sempre disponibile, sempre con il sorriso sulle labbra, anche in momenti difficili: una sera del 1973 ero con lui e con la sua compagnia poche ore prima dell’inizio di uno spettacolo nella mia città e si proponevano non indifferenti problemi di ordine pubblico, il che accompagnava, in quel periodo, la sua “Comune” ad ogni tappa, quando non c’era proprio da star tranquilli. Perché la vita artistica di Fo, che adesso dopo la sua morte viene incensato ed osannato, non ha mai percorso itinerari agevolati, anzi...

 

La vita, la carriera artistica

 

Era nato nel 1926 a San Giano, in provincia di Varese, sul Lago Maggiore, e fin da piccolo aveva seguito gli spostamenti del padre, Felice, capostazione trasferito ora qui ora là. A quattordici anni viene ammesso all’Accademia di Brera, a diciotto è costretto ad arruolarsi 000023-001mfra i repubblichini di Salò. Nel dopoguerra, dopo aver dato prova di essere un pittore dalle grandi qualità, si dedica alla radio e al teatro. Nel 1953 mette su, con Franco Parenti e Giustino Durano, Il dito nell’occhio, splendido esempio, a tutt’oggi insuperato, di spettacolo leggero, qualcuno lo chiamerebbe “cabaret”, con contenuti socio-politici di fortissimo impatto, cui fa seguito, nell’anno successivo, I sani da legare. Nello stesso 1954, Dario sposa Franca Rame, bellissima attrice, proveniente da una famiglia di artisti e con la quale costituirà un’inossidabile coppia, nella vita e nell’arte, che durerà fino al 2013, alla scomparsa di Franca. Nel 1955 nascerà il loro unico figlio Jacopo.

 

È del 1956 il suo debutto nel cinema, nel ruolo dell’allampanato protagonista del surreale film di Carlo LizzaniLo svitato. Girerà ancora qualche pellicola (poche, Franca ne farà qualcuna in più), ma sarà prevalentemente il teatro ad attirare il suo interesse. La “ditta” Lo-svitato-1956Fo-Rame comincia a produrre una serie di spettacoli di forte impatto popolare - Gli arcangeli non giocano a flipper (1959), Aveva due pistole con gli occhi bianchi e neri (1960) e Chi ruba un piede è fortunato in amore (1961) che li porterà alla televisione. Il successo della rivista “Chi l’ha visto?” (niente a che vedere con l’attuale produzione di Raitre) spinge i dirigenti a proporre la coppia milanese per la conduzione di “Canzonissima” edizione 1962. Gli sketch nei quali si affrontano temi sociali e si pronunciano le parole “sciopero”, “mafia”, “morti bianche” suscitano polemiche, al punto che la censura interviene pesantemente e all’ottava puntata, al rifiuto dei due attori di cancellare alcuni “numeri”, la trasmissione viene sospesa, i Fo sono cacciati via dalla Rai.

 

È la svolta: Dario Fo si affida alle platee teatrali e diventa il grande artista che mette insieme tutte le forme della comunicazione –arte visiva, teatro, politica militante, musica, scrittura creativa– creando un prodotto nel quale la sua fortissima personalità è l’elemento 115870965coagulante e affabulatorio, ciò che trasforma una semplice rappresentazione teatrale in un vero e proprio evento epocale. Gli spettacoli si susseguono in un successo sempre crescente ["Mistero buffo", "L’operaio conosce 300 parole, il padrone 1000, per questo è lui il padrone", "Legami pure che tanto io spacco tutto lo stesso", "Grande pantomima con bandiere e pupazzi piccoli e medi" (tutti, del 1969), "Compagni senza censura", "Morte accidentale di un anarchico" (del 1970), etc...] e la coppia Fo–Rame s’impone anche in sede internazionale. Dentro l’arte di Fo c’è la lucida rilettura della temperie socio-politica con l’opportuna denuncia delle sue contraddizioni, ma c’è anche una grande attenzione alla Loc_MorteAccidentalestoria, una storia fatta di umili e di oppressi. Le sue invenzioni fantastiche hanno radici in un passato riletto in una nuova dimensione, rivivificato da dialetti arcaici, che vengono mediati senza difficoltà da una gestualità e una fisicità straordinari, reinventati dall’uso del “grammelot”, vale a dire la riproduzione di una qualsiasi lingua straniera orecchiando accenti e parole e facendo arrivare alla platea vicende e situazioni miracolosamente comprensibili e coinvolgenti. Parallelamente mette in atto un lavoro squisitamente politico, caratterizzato da una militanza assidua e caparbia, molto passionale, che assai spesso lo porterà ad essere osteggiato e disprezzato, ma anche a diventare imprescindibile punto di riferimento per larghe masse e intere generazioni.

 

francarame-dariofoL’ostracismo imposto dai dirigenti Rai dura fino al 1977, anno in cui la Rai di Fichera richiama Fo e registra, per poi trasmetterlo, praticamente tutto il suo repertorio: anche se l’effetto presenza rimane quello irripetibile, tutta l’opera del Maestro è conservata e a disposizione del pubblico. Il resto è storia recente: un’escalation irresistibile, un processo che rivoluziona il teatro ed impone un interprete a tutto tondo, davvero unico, che lo porterà alla conquista, nel 1997, del massimo riconoscimento per la letteratura, il Premio Nobel, la cui assegnazione genera qualche malumore negli ambienti più retrogradi, ma che ha in qualche misura aperto alla letteratura militante. E ci pare che l’annuncio, proprio nel giorno della scomparsa di Fo, 2caravaggio-al-tempo-didell’assegnazione del Nobel di quest’anno a Bob Dylan (stranissima ma significativa coincidenza) sia la seconda, meravigliosa, tappa verso il superamento di annosi preconcetti. Con Dario Fo scompare davvero uno degli artisti più grandi del Novecento ed oltre, non è retorica di circostanza. Scompare una figura che non è quella, tradizionale, del bravo attore, ammirato ed applaudito, che talora rimane solo, tristemente solo, appena si spengono le luci della ribalta. Fo ha il merito di essere stato anche un maestro di vita: si può non essere d’accordo con certe scelte oppure condividerle, ma bisogna riconoscere la forza e la valenza della sua grande personalità.

 

 

dario fo 629433P.S.: Ho il privilegio, come tanti, di affermare con orgoglio “c’ero anch’io”, quando si rievoca un suo spettacolo, una sua presenza ad un seminario, un incontro, uno stage. Sono testimone, per averlo constatato una dozzina di volte o più, del suo garbo, della sua gentilezza nel rapporto con gli altri (non ha mai risposto picche alla mia richiesta di un’intervista, di uno scambio di battute, di una chiacchierata e penso che non sia capitato anche ad altri colleghi). È questa immagine privata di Dario (fin dal primo incontro mi ha chiesto di chiamarlo per nome, proprio come Franca) che voglio conservare insieme a quella pubblica che è patrimonio di tutti. Grazie, titanico Dario. 

 

Nello Pappalardo

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