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12 Ottobre 2023

Come Eravamo – 50esimo Anniversario Sydney Pollack

1973

 

Un film di Sydney Pollack. Con Robert Redford, Barbra Streisand, Viveca Lindfors, Bradford Dillman, Lois Chiles. Titolo originale The Way We Were. Commedia. Durata 118 min. - USA 1973. 

Sin dalle prime battute del film, la voce melanconica di una Barbra Streisand all’apice della sua carriera intona un preludio del rimpianto, preparando lo spettatore ad una storia destinata all’ineluttabile mancanza di lieto fine. La New Hollywood è in costante ascesa. Sidney Pollack, uno dei cineasti più attivi della nuova onda, cambia rotta rispetto alle precedenti opere, e si cimenta in un melodramma “storico”. Nasce così una pellicola che segna gli amanti di un’intera generazione, e che viene tramandata ai posteri come il simbolo delle coppie che si separano - un po' alla Coelho - nonostante un'accesa passione. Come un inno alla nostalgia per quello che avrebbe potuto essere e non è stato. Al netto dei sentimentalismi,

The Way We Were” è anche molto altro. È la pellicola che immortala - probabilmente meglio di qualunque altra opera cinematografica ad oggi esistente - due modelli antitetici di pensiero, di azione, di vita: da un lato, la purezza intransigente, la strenua difesa delle proprie idee e delle proprie emozioni, anche al prezzo della solitudine e dell'onta della perenne sconfitta; dall’altro, l'apertura al compromesso, la cosciente e opportunistica accettazione dei meccanismi sociali volta alla realizzazione personale e a un’esistenza favorevole. Katie Morosky è un'idealista della prima ora, una sognatrice indefessa, una lottatrice nata, un cristallino esemplare di una specie in via di estinzione. Riesce ad essere moralista e bacchettona (magari pesante, secondo il pensiero comune) senza imbrigliarsi nel labirinto di chi predica bene e razzola male. Non tollera la superficialità, il qualunquismo, l’ostentazione, la meschinità, e non è disposta a sorvolare su alcuna espressione di malcostume (no, nemmeno sulle battute di pessimo gusto con oggetto Eleonore Roosvelt all'indomani della morte del marito). Si illude di poter eliminare i vizi e i difetti dell'umanità con le sue operose mani e, prima ancora, con la sua formidabile dialettica. Lei non parla. No, lei dà lezioni: ha ben chiaro il suo disegno di Iperuranio e vuole condurre la matita senza sbavature. Hubbel Gardiner è un rampollo di una famiglia aristocratica di inizio '900. Bello, affascinante, capobranco in diversi settori, è un giovane che naviga nella fortuna e nei privilegi. Pur avendo un ampio bagaglio culturale e un'innegabile ricchezza interiore, vive gli avvenimenti della sua epoca con l'indifferenza di chi - in fondo - gradisce il mondo così com'è. Forse per lignaggio, forse perché abituato da sempre a ottenere tutto facilmente, forse per tepore caratteriale, forse per disincanto innato, ritiene che l'umanità, in qualche modo, tra vizi e virtù, vada avanti da millenni: non servono eroi che cambino il corso della specie. Le ingiustizie del globo, in fin dei conti, non riguardano lui. Il Giardino dell'Eden non è riproducibile nella vita reale, per cui - mentre tutto scorre - è più saggio coltivare il proprio orticello. Il pianeta è un grande mercato, dove tutto ha un prezzo e ogni contraente deve essere in grado di offrire qualcosa.

La travagliata storia d'amore tra i due protagonisti si sviluppa sullo sfondo di alcuni decenni costellati da numerosi eventi che riempiono le pagine dei libri di storia contemporanea. Una cornice temporale che, a tratti, consente di astrarre i due poli opposti dai personaggi di Katie ed Hubbel per ritrovarli nei volti dei comuni cittadini americani. Particolarmente significativo, in tal senso, l'ampio risalto dato al periodo del maccartismo, di quella caccia alle streghe che ha scritto una delle pagine più buie dell'America del dopoguerra: alcuni "perseguitati" costretti alla scelta tra l'abiura, il tradimento, la delazione per il mantenimento dello status quo, e la ghettizzazione, finanche l'esilio, come scotto da pagare per la verginità dei propri valori. Bivio che, in misura meno drastica, è presente nei sentieri di epoche meno buie, e nell'attuale quotidianità, dove spesso chi si trova in cammino sa che la direzione del buon padre di famiglia può comportare il sacrificio di una parte della propria essenza. E così, mentre tramonta un pezzo di storia d'oltreoceano, e imperversano nuvole fitte sul cielo della Guerra Fredda, si ritrovano – per l’ultima volta - il brillante scrittore dal successo quasi faustiano e l'utopista che ha preferito rimanere relegata al suo banchetto dal quale, animata dalla solita energia, distribuisce i volantini contro la bomba atomica.

Come Eravamo” riscuote un notevole successo commerciale, dovuto anche alla presenza carismatica del neo divo Robert Redford (che, nel corso degli anni, diventerà l’attore feticcio di Sidney Pollack). Arriva un buon numero di riconoscimenti prestigiosi (tra i quali spiccano i due meritatissimi Premi Oscar per la migliore colonna sonora originale e per la migliore canzone). Ma tutto questo, per la storia del cinema, ha un’importanza piuttosto relativa. La forza impetuosa del film risiede proprio in quel banchetto, in quel viale interminabile dove – assorbiti da una sceneggiatura che rasenta la perfezione – si incrociano gli sguardi di due adulti consapevoli che, a dispetto delle apparenze e delle etichette sociali, dei percorsi opposti e verosimilmente inconciliabili, alla fine della corsa risultano entrambi cavalli perdenti. Anche se l'inguaribile idealista, probabilmente, ha fatto più pratica in tema di sconfitte.

 

 

Alessio Fugazzotto

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