MGMT MGMT
[Uscita: 17/09/2013]
# CONSIGLIATO DA DISTORSIONI
Nel 2007 gli MGMT, ovvero i due trentenni di Brooklyn Benjamin Goldwasser e Andrew VanWyngarden, avevano riscosso un grande successo di pubblico e critica col loro primo album “Oracular Spectacular”, una trascinante miscela di glam, psichedelia, new wave e vaudeville. Si poteva pensare che come molti gruppi dal debutto folgorante potessero rimanere una one shot band, ma non è stato così. Questo terzo disco che si intitola semplicemente col nome del gruppo (che sta per “management”, primo nome del gruppo) è molto valido. Su dieci canzoni che la band americana (ma sfidiamo chiunque non lo sapesse a giurare che non siano londinesi o liverpooliani...) ci propone almeno otto sono irresistibili. L'apertura è affidata alla teatrale Alien days, in cui voci parodistiche o alterate elettronicamente creano un clima straniato da musical camp, stile “Rocky Horror Picture Show”: i fantasmi di Ziggy Stardust e Marc Bolan aleggiano intorno. Nella seguente Cool song n°2 i ritmi si fanno ciondolanti, tastiere e percussioni danno un sapore tropicale. Un'atmosfera esoticheggiante, data dai suoni gommosi delle tastiere vintage è presente in molti brani: appare forte l'influenza dei Pram, gruppo tra space rock e lounge adorato da chi scrive queste righe ma ignorato dai più.
Mistery disease, dai suoni di synth straordinari, e A good sadness, che tiene fede al titolo, sono gli esempi migliori di questa vena stilistica, oltre che le vette della raccolta, con le loro melodie insinuanti e gli arrangiamenti perfetti. Plenty of girls in the sea è l'inevitabile omaggio ai Beatles, o forse ancora più ai Kinks, mentre Astro-mancy è un altro piacevole esempio di fusione tra space rock e lounge pop. Benché la produzione artistica sia di Dave Fridman non ci sono i magniloquenti arrangiamenti orchestrali che appesantivano molti lavori, pur bellissimi, di Mercury Rev, Flaming Lips o The Delgados, registrati dal geniale produttore. Si sente però la sua mano nel gusto per il suono sempre perfetto, e per i dettagli, come il flautino di Introspection, una delle canzoni più sbarazzine della raccolta. Meno convincenti ci sembrano Your life is a lie, altro brano dal sapore molto cabarettistico, e I love you too death, troppo rarefatta e con una parte vocale poco incisiva. Un disco insieme sofisticato e molto pop, che soddisferà senz'altro gli ascoltatori più esigenti e che immaginiamo presente in molte playlist di fine anno.
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