Migliora leggibilitàStampa
9 Aprile 2012 ,

Pulp IT/FREAKS/SEPARATIONS Le Ristampe Fire Rec.

2012 - Fire R./Goodfellas

 

A metà anni '90 esplodeva il brit-pop e in fans si dividevano nel derby Blur vs Oasis. Ma c'era chi sceglieva una terza via, quella che da Scott Walker passava per Bowie e continuava per la new wave, Marc Almond e Morrissey. Di questa linea i Pulp sono stati a mio avviso l'espressione migliore. In molti abbiamo creduto che “His 'n' hers” fosse il primo album, per poi scoprire che la band era in azione sin dai primi anni '80 ma era passata inosservata. Oggi Fire Records compie la meritoria azione di ristampare i primi tre dischi dei Pulp: “It”(1983), “Freaks”(1986) e “Separations”(1992), in eleganti confezioni digipack con ampio corredo di bonus tracks. Questi dischi mostrano un gruppo ancora immaturo, con buoni spunti ma indeciso sulla direzione da prendere.

 

“It” è un disco prevalentemente fatto da ballate, poco incline allo spirito del tempo: non vi sono umori gotici o sintetizzatori invadenti. Si potrebbe inserire in quel filone di riscoperta della melodia e delle chitarre acustiche che ebbe in Smiths e Aztec Camera i maggiori interpreti, ma senza le tentazioni sudamericane del gruppo di Roddy Frame e di molti altri dell'epoca. L'elemento più in sintonia coi gruppi in voga è il timbro di voce di Jarvis Cocker, molto caldo ma a volte un po' melenso e monocorde. La presenza di strumenti inconsueti per quel periodo come flauto, violino e mandolino ingentilisce questo primo album, il cui ascolto pur senza entusiasmare, si rivela assolutamente gradevole. Un paio di brani, come l'iniziale My Lighthouse o Blue girls, che questa ristampa propone anche in versioni alternative, svettano sugli altri, in omaggio anche due inediti tratti da Peel Sessions. La formazione in questo disco comprende, oltre a Jarvis, Simon Hinkler, poi nei Mission, Peter Beam, David Hinkler, Wayne Furniss, Beefy Garry. Nel corso della storia del gruppo saranno almeno trenta i musicisti ad alternarsi nella band, tra cui la tastierista Candida Hoyle è stata tra i più importanti, oltre a vari ospiti.

 

Il successivo “Freaks” appare meno risolto. Si apre con la tentazione di un blues grottesco alla Birthday Party, quindi procede come il precedente sulla strada della ballata. Però l'ispirazione sembra meno forte, sebbene i singoli brani non siano malvagi, per esempio There's no emotion e I want you si ascoltano con piacere. Brani più tipicamente new wave come Anorexic beauty convincono meno. Ma la voce di Jarvis sembra cercare ancora un suo timbro personale, gli arrangiamenti sono più prevedibili e una teatralità nello spirito di Marc Almond fa capolino un po' troppo spesso. Questa ristampa comprende ben undici bonus tracks, ovvero gli EP “Little girl (with blue eyes)” e “Dogs are everywhere”, non entusiasmanti, più due b-side.

 

Ci vogliono sei anni  perché i Pulp tornino a pubblicare un lavoro, “Separations”. Qui siamo molto più vicini al gruppo che qualche anno dopo andrà in classifica: ritmi più sostenuti, come in Love is blind,  prevalenza delle tastiere sulle chitarre, un Jarvis Cocker che controlla meglio la propria voce e si lancia in interpretazioni molto sentite, a volte sin troppo teatrali. I brani sono più ambiziosi e articolati, a volte appesantiti da intro parlate piuttosto noiose. Anche questo ristampa è arricchita da inediti e versioni alternative. I Pulp avrebbero dato il meglio di sé nei tre dischi seguenti, “His'n'Hers” e “Different classes”, trainati da singoli scintillanti come Babies, memore della new wave, e Do you remember the firts time, ballabile anche in discoteca, sul primo e Common people o Disco 2000, dal riff che ricorda stranamente Umberto Tozzi, sul secondo: sono due ottimi esempi di pop sofisticato, squisitamente british. La melodrammatica I spy svolge al meglio la lezione di Marc Almond.

 

Pulp  RISTAMPERicordo una loro fugace apparizione in un programma della domenica pomeriggio: mi colpì molto la presenza scenica, fatta di teatralità e bizzarro humour inglese. Il dolente e introspettivo “This is hardcore” (1998) che raggiunge a mio parere il vertice del loro percorso creativo. Non ha il singolo killer, è composto in gran parte da brani lenti e complessi, con arrangiamenti molto sofisticati. Nel 2001 “We love life” più pop e scanzonato, meno incisivo dei precedenti ma pur valido, passa inosservato malgrado la produzione del grande Scott Walker, peraltro non prevaricante e molto rispettosa dello stile della band, e quindi il gruppo si scioglie, Cocker tenta la carriera solista con poco frutto. A dieci anni dallo scioglimento si parla di rieunion ma nuovi dischi non sono all'orizzonte. Anche per quanto riguarda i testi i Pulp si elevano dalla media.

 

Spesso sono veri e propri raccontini, come Common people, che racconta l'incontro con una ragazza che si vergogna della propria ricchezza a cui Jarvis  insegna come apparire povera. Anorexic beauty, da “Freaks”, descrive una ragazza che segue canoni estetici che il narratore trova terrificanti. Nel primo disco sono più romantici, vedi My lighthouse, la classica canzone d'amore, ma poi prevalgono disincanto e amarezza, non prive di una componente di critica sociale. Un gruppo importante i Pulp, che non ha giovato come poteva dalla finta rivalità tra  altri gruppi. I dischi da consigliare assolutamente sono quelli del secondo terzetto, i più maturi.   Però questi primi tre dischi sono più che piacevoli e non si capisce come mai siano all'epoca passati inosservati.

 

Alfredo Sgarlato

Video

Inizio pagina