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6 Febbraio 2012 , ,

Lovin' Spoonful Un cucchiaio pieno di ‘good time music’

2012

Le ristampe Demon Edsel U.K. del 2011

 

“Do You Believe in Magic (1965) - Daydream (1966)” 

“What’s Up Tiger Lily?  Soundtrack (1966) - Hums of The Lovin’ Spoonful (1966)”

“You’re a Big Boy Now Soundtrack (1967)  - Everything Playing (1967)” 

(Uscita:  7 Febbraio 2011, Demon Edsel U.K.)

 

L’etichetta inglese Demon Edsel  ha avuto all’inizio del 2011 l’ottima idea di riproporre quella piccola, sfiziosa e longeva leggenda pop-rock dell’american music che risponde al nome di LOVIN’ SPOONFUL. E l'ha fatto in modo appropriato ripubblicando in tre cd  two-fer  (due lp-cd al prezzo di uno) i primi  6 albums della band usciti nel triennio 1965/1966/1967 per la classica etichetta Kama  Sutra : “Do You Believe in Magic (1965) - Daydream (1966)”,  “What’s Up Tiger Lily?  (1966) - Hums of The Lovin’ Spoonful (1966)”,  “You’re a Big Boy Now (1967)   - Everything Playing (1967)”  arricchiti da 16 bonus tracks distribuite in parti uguali tra   “Do You Believe in Magic”, “Daydream”, “Hums of The Lovin’ Spoonful”, i tre album che racchiudono (insieme a “Everything Playing”) il meglio della produzione degli Spoonful.

 

Le ristampe Buddah Records del 2002

 

Queste ristampe sono state alla base dell'idea di realizzare uno speciale sui Lovin' Spoonful che raccontasse la straordinaria favola di una band che ha rappresentato tanto nella giovinezza di chi scrive -  e di tantissimi altri della mia generazione -  prima che cadesse un'ennesima volta immeritatamente nel dimenticatoio. Trattasi in verità delle riproposizioni degli ottimi Original Masters rimasterizzati digitalmente, dei tre dischi pubblicati su cd dalla Buddah Records nel 2002  con le stesse bonus tracks (19, divise tra i tre CD two-fer, tutte Alternate Version), e con dei provvidenziali, esaurienti booklet interni che raccontano, attraverso dichiarazioni originali dei protagonisti e le belle e generose note di Ben Edmonds e Dennis Diken tutte le tappe di questa meravigliosa ascesa ad un piccolo paradiso fatto di songs, armonie, melodie ineffabili, patrimonio inestimabile  del pop  del XX° secolo.  Nelle ristampe Edsel 2011 di cui ci stiamo occupando si possono quindi trovare tutti i più grandi successi della band di John Sebastian (cosa fondamentale per i neofiti!), compresi i primi sette singoli (con relative side B) che ebbero tutti  un enorme successo mondiale entrando nelle Top Ten dei Singles di Cashbox (inglese) e Billboard (americana), in ordine di tempo: Do You Believe in Magic ?, You Didn't Have to Be So Nice, Daydream, Did You Ever Have To Make Up Your Mind?, Summer in the City, Rain On The Roof, Nashville Cats, tutti magici infusi di una miscela miracolosa a base di pop, country, jug music, folk. 

 

Tre immortali songs per i posteri

 

A distanza di 45 anni (una vita) dai fatti che stiamo narrando i Lovin’ Spoonful sono  comunque soprattutto quelli di  Do You Believe in Magic?, Daydream e Summer In The City: la prima song una sorta di piccolo e naif trattatello delle misteriose proprietà curative della musica nuova che stava muovendo i primi passi sullo spirito; la seconda un solare gospel-country  bianco condotto dalla leggiadra autoharp di Sebastian, un vera prova di bravura vocale da parte dell’ex folk singer;  ed infine Summer In The City, geniale, perfetta, avvincente, innovativa, capolavoro  sopraffino dell’arte compositiva di John Sebastian e Steve Boone, uno dei singles più importanti e definitivi  dei sixties (sarei tentato di scrivere della storia del rock), in buona compagnia di God Only Knows (Beach Boys), Strawberry Fields Forever (Beatles), Satisfaction (Rolling Stones), My Generation (Who), Mr.Tambourine Man (Byrds), Monday Monday (Mamas And Papas), Light My Fire (Doors), Foxy Lady (Jimi Hendrix), Like A Rollin’ Stone (Bob Dylan) e la lista potrebbe continuare.  Summer In The City spopolò, raggiunse il primo posto in Cashbox e Billboard:  nei suoi smilzi  2:40 era una geniale,  frenetica, cinematica sequenza melodica inframezzata da suoni urbani di clacson e da stacchi rudi di batteria-chitarra: come tutti i singoli suddetti, come tutta la musica nuova che ci girava attorno,  provocò un violento strappo/progresso  nella mia (e di alcune altre centinaia di migliaia di ragazzi in tutto il mondo)  visione estetica della musica, del rock’n’roll, e nella mia vita.

 

Lovin’ Spoonful Story

 

I Lovin’ Spoonful  furono per  tre magici anni,  1965-1966-1967  la risposta  americana – insieme a Mamas & The Papas, Byrds e qualcuno  (Richie Unterberger, AllMusic) aggiunge Beau Brummels, ma non sono molto d’accordo  - alla british  invasion che in quei tre anni faceva sfaceli anche dall’altra parte dell’Atlantico, ma in particolare, per la loro distintiva componente melodica e pop,  il corrispondente dei  fondamentali  Beatles ed di tutti quei gruppi  anglosassoni che il pop lo stavano  letteralmente creando, Hollies,  Herman’s Hermits, Manfred Mann, Yardbirds. Ecco, i Lovin’ Spoonful  ebbero in questo processo  un ruolo importante,  a voler sintetizzare  al massimo, perché in  realtà  i quattro newyorkesi, guidati sin dall’inizio delle loro vicende da John Sebastian,  furono i geniali inventori  di quella che loro stessi definirono ‘good time music’,  un  mix  brillante, freschissimo, corroborante  di folk,  jug music, country, bluegrass, blues che ben presto, grazie  all’estatico ed ispirato songwriting di John Sebastian  assunse le fattezze di un pop assolutamente originale e personalissimo.  I Lovin’ Spoonful erano un’emanazione del Greenwich Village,  il milieu/quartiere newyorkese  frequentato dai folksingers,  dai poeti e  scrittori della Beat Generation sin dagli anni ‘50.

 

'Good Time Music'

 

Il Greenwich Village fu il brodo di coltura  della loro  ‘good time music’, che esprimeva attraverso  il ‘magico’ delle  sue vibrazioni positive ed accattivanti le speranze appena abbozzate  di un mondo migliore, le utopie ancora naif ed inconsapevoli,  non programmatiche  delle nuove generazioni, che di lì a poco, proprio quando  John Sebastian nel giugno 1968 abbandonò i Lovin’ Spoonful,  avrebbero preso ben altro corpo dalle parti di San Francisco nella cultura ‘hippie’ e nel flower  power.  Non a caso il transfuga John Sebastian farà parte del nutrito cast del Festival di Woodstock nel 1969: il suo contributo consisterà in alcune gentili  folk –pop songs  eseguite accompagnandosi con la chitarra acustica, tra le quali la spoonfuliana  bellissima Darling Be Home Soon e la tenera Younger  Generation, che John dedicò ad un bimbo appena nato nel corso del festival. Ma torniamo al Greenwich Village ed a New York:  all’inizio del 1965 due folksingers, John Sebastian (singer, harmonica, autoharp, songwriter) e Zal Yanovsky (guitar, proveniva dai Mugwumps dove aveva avuto come compagni Cass Elliot and Denny Doherty, di lì a poco nei Mamas & The Papas ) incontrano in quel luogo ‘fatale’ due rockers provenienti da Long Island, Steve Noone (bass) e Joe Butler (drums). Dice John Sebastian di quei giorni:  ‘Zal Yanovsky ed io parlavamo spesso dell’idea di formare una band realmente americana. Non una che succhiasse linfa dai Beatles, non un mucchio di ragazzi americani che pretendessero di essere uguali a dei giovani Inglesi. Avevo sentito Zal suonare, ed aveva la forza di un Elmore James, poteva  essere come Floyd Cramer, suonare come Chuck Berry. Eravamo naturalmente grati ai Beatles per averci ricordato le nostre radici rock’n’roll, ma subito dopo volevamo fare della nuova musica che fosse realmente quella di un’american band’.  

 

John Sebastian & Zal Yanovsky: le due anime dei Lovin' Spoonful

 

John Sebastian oltre ad essere un ottimo e raffinato cantante, suonava benissimo l’armonica ed in breve avrebbe affinato l’uso dell’autoharp, un piccolo strumento a corde pizzicate proveniente dai  monti Appalachi  (usato nel folk e nel bluegrass),  dalle sonorità delicate, che caratterizzerà gentilmente il suono di molte songs dei L.S. Il chitarrista Zal Yanovsky era un mattacchione ed un musicista molto versatile, tanto da cooperare con Sebastian nella gestione delle parti vocali: i suoi bizzarri interventi si possono ascoltare in Voodoo In My Basement (“Hums of Lovin’ Spoonful”), Bald Headed Lena,  It’s No Time Now, Day Blues,  contenuti nell’album “Daydream”, nel quale suona anche strumenti improbabili come la Yakety throw-up guitar (Jug Band Music) e l’electric gorgle (Bald Headed Lena).  Nella musica degli Spoonful erano frequenti i toni giocosi da vaudeville,  parodistici, e Zal era davvero un maestro in questo, basta guardare le pose e gli atteggiamenti clowneschi che assumeva nelle foto promozionali della band. Purtroppo andò ad infognarsi in storie di droga, e fu arrestato per possesso di marijuana: lasciò la band nel 1967 proprio per problemi con la legge; morirà poi nel 2002.  Sebastian è sempre stato il compositore principale, Joe Butler e Steve Boone tuttavia collaborarono con lui in brani come Summer In The City, Full Measure, Let The Boy Rock And Roll, Day Blues, You Didn’t Have To Be So Nice, Butchie’s Tune, mentre Yanovsky in It’s Not Time Now e Coconut Grove.

 

Do you believe in Magic - Daydream

 

Molti I brani tradizionali adattati ed arrangiati dalla band,  spesso collegialmente in quattro: Blues In The Bottle, My Gal, Sportin’ Life, Wild About My Lovin’ in “Do You Believe In Magic”, album in cui compare anche una bella versione di un brano del  folksinger Fred Neil, Other Side Of This Life, che avrebbero reinterpretato magistralmente anche  i Jefferson Airplane in due dei loro lavori. Night Owl Blues è un blues strumentale con un  vibrante solo all’armonica di Sebastian (anche autore) intitolato all’omonimo Night Owl Café, uno dei clubs più conosciuti del  Greenwich Village, frequentato da John e c.,  dove il nuovo suono elettrico delle bands americane si stava forgiando. 
Altri brani notevoli di questo primo album Younger GirlDid You Ever Have To Make Up Your Mind, due suadenti ballate (soprattutto la prima) scritte dal genio   John Sebastian.  L’album successivo, “Daydream”,  contiene altre ineffabili delizie melodiche, le dolcissime You Didn’t Have To Be So nice, Didn’t Want To Have To do It,   Day Blues,  la sintomatica Jug Band Music nella quale  i quattro mettono in tavola con toni cabarettistici le proprio radici popolari,  l’entusiastica Let The Boy Rock And Roll, oltre le ballate There She Is, Warm Baby, It’s Not Time Now.  Episodio a parte è lo strumentale Big Noise From Speonk, ennesima brillante prova della versatilità dei Lovin’, una sorta di veloce country-hillbilly  con l’abilissima mouth-harp di John e la chitarra sarcastica di Zal.    Passiamo a “Hums Of  The Lovin’ Spoonful” con la bella copertina della band a tutto campo realizzata dal fotografo Henry Diltz, lo stesso che realizzò quelle del primo Crosby, Stills and Nash, Morrison Hotel dei Doors  ed Hotel California degli Eagles. 

 

Hums Of Lovin' Spoonful

 

Scrive nelle liner notes Dennis Diken: ‘Hums  mette a punto ulteriormente  il groove della band, immediatamente identificabile. Le loro radici folk, blues, country, jug band sono valorizzate dalla produzione superlativa di Erik Jacobsen ed è il primo album pieno di composizioni originali. Insieme a “Revolver”, “Pet Sounds”, “Face to Face” ed un’altra dozzina di albums “Hums Of The Lovin’ Spoonful” è uno dei grandi dischi dell’era pre-flower, con la sua dimensione acustica’.  Ancora tanto country con la programmatica Nashville Cats, un piccolo gioiello di musicalità, un altro hit che salì nelle classifiche, Darlin’ Companion, Lovin’ You; il blues elettrico di Voodoo In My Basement
con qualche debito verso Howlin’ Wolf; un’altra dolcissima ballata lenta, You And Me And Rain On The Roof, ancora un piccolo tocco di genio di Sebastian, come Coconut Grove,   evanescente variazione esotica, stupenda!   “Everything Playing”, quarto album in studio,  ‘esce quando  capolavori come “Sgt.Pepper” e la summer of love avevano messo in crisi e reso obsoleto il sound good-time e da jug band dei Lovin’ Spoonful’ (scrive William Ruhlmann in Allmusic): nondimeno il lavoro, con Jerry Yester alla chitarra al posto del dimissionario Zal Yanovsky, contiene ancora una volta delle chicche imperdibili come She Is Still A Mistery, Younger Generation, Boredom, Try A Little Bit  tutte composte da John, le bellissime Close Your Eyes (commovente), Only A Pretty, What A Pity che recano anche la firma di Yester. 

 

Le soundtracks: What's Up Tiger Lily? - You're a Big Boy Now

 

Le due sountracks composte dal quartetto tra il 1965 ed il 1966 sono di solito considerate degli optionals minori nella discografia dei Lovin’, ma ascoltate risultano invece ancor oggi gustose assai:   “What’s Up Tiger Lily? “, colonna sonora dell’omonimo film di Woody Allen contiene tre brani cantati, Pow, l’adattamento del traditional Fishin’ Blues e Respoken,  per il resto si tratta di versioni strumentali di questi tre brani, piccoli geniali morceaux  blues, jug band, country, country & western (Gray Prison Blues, Pow Revisited, Lookin’ To Spy) che hanno il sapore di improvvisazioni estemporanee in studio.  La soundtrack del film di Francis Ford Coppola,  “You’re a Big Boy Now”, invece é più ambiziosa, contiene partiture di archi e fiati ed è il frutto di un lavoro molto più certosino, con dei temi ricorrenti (Amy’s Theme, Barbara’s Theme) che caratterizzano tutto il lavoro.  John Sebastian trova comunque il modo di piazzare degli smash-hits melodici di classe nella sua vena abituale: prima di tutto la nostalgica Darling Be Home Soon, forse l’ultimo grande successo degli Spoonful a scalare le classifiche, Girl Beautiful Girl, Kite Chase, Try And Be Happy.  

 

La fine della favola - Le reincarnazioni

 

“Revelation Revolution ‘69” esce nel 1969  a  nome The Lovin' Spoonful Featuring Joe Butler ed in odore di cultura hippie, ma senza John Sebastian la band é solo un pallido ricordo di se stessa, anche se il batterista Joe Butler ha una voce tutto sommato gradevole: da ricordare Never Going Back (Stewart) ed alcuni buoni brani firmati dal duo Banner-Gordon.  Poi la band si disperde: dopo una breve reunion nel 1980, lo fecero seriamente nel 1991 con i membri originari Steve Noone, Joe Butler e Jerry Yester riprendendo la loro attività musicale ed i tours, che continuano a tutt’oggi,  attraverso l’ America, in compagnia di Mike Arturi e Phil Smith. Il batterista Joe Butler, quello che aveva sempre il sorriso ingenuo di un bambino nelle vecchie copertine dei dischi degli Spoonful,  è diventato nel frattempo  il lead singer. Nel 1999 esce “Live at the Hotel Seville” contenente tutti i più grandi hits degli Spoonful e nel 2000 la band ebbe l’enorme soddisfazione di essere inserita nella Rock And Roll Hall of Fame  Yanovsky muore  nel 2002 mentre John Sebastian non si rese mai disponibile ad una reunion con i vecchi compagni.  Come strumentista (armonicista prima di tutto) collaborerà con tantissimi artisti: Judy Collins, Crosby, Stills & Nash, the Doors (è lui all’armonica in Roadhouse Blues), Bob Dylan, the Everly Brothers, Art Garfunkel, Gordon Lightfoot, Laura Nyro, Graham Parker, Dolly Parton, Peter, Paul & Mary, Jogn Prine e Bonnie Raitt. Scriverà brani per il cinema e Brodway ed inciderà  buoni album nei ’70, quasi niente negli ’80, nei ’90 e nei 2000. L’ultimo è uscito nel 2007, “Satisfied”, in compagnia di David Grisman (vocals, mandolin, mandola), con reinterpretazioni di due brani degli Spoonful, Coconut Grove e It’s Not Time Now.

 

Pasquale Wally Boffoli
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