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11 Agosto 2012

Ludovico Einaudi e Paolo Fresu 20 luglio 2012, "Musicastelle in Blue 2012", Forte di Bard (Ao)


Ludovico Einaudi e Paolo Fresu Per Ludovico Einaudi e Paolo Fresu, il forte di Bard è come in stato d'assedio, un affronto di nubi, ciclicamente ruotate da un vento prima ostile, poi largo. Sfocia in un nubifragio breve, senza lampi, "intro" o "preludio" perfetti, coerenti con i linguaggi sonori dei due protagonisti; con la pioggia, violenta, che batte sul selciato e sui muri larghi, sulle sedie e sulle mantelline rosse/blu, dono gentile di chi ci ospita. Il nero fumo delle nubi si lacera, lascia spazi azzurri e di un bianco denso; poi, la luce si ritira, e dietro le quinte scure Ludovico e Paolo si muovono adagio, entrano in silenzio, il pianista più felpato come appena uscito dal mare, l'artista sardo più deciso, già senza sandali, per "sentire" il duro della terra che gli offre lo stage. Einaudi sfiora la tastiera, accarezza l'aria ormai senza zolfo (non sappiamo ancora se è Divenire, Onde o Nuvole bianche o Eden Rock). Il corpo di Paolo trova subito la seduta giusta e la sua tromba taglia un primo segno nell'aria, breve, deciso, sopra l'acqua smossa dalle piccole ondate di note di Ludovico. Il dialogo è immediato, facile: il pianista sembra chiedere a Paolo di rubargli spazi brevi, per trovare silenzi rilassati, a volte più in ansia, aspettando gli echi e i rintocchi percussivi sulla campana aperta della tromba (o quella più ampia del flicorno).

 

E' l'asimmetria modale, nascosta e ritrovata nei chorus orchestrali di Fresu a sostenere il discorso di Einaudi, con lunghi passaggi sonori, echi lontani che diventano spine nel suono pieno e levigato di lunghe esecuzioni. Il tempo è come sospeso, si affaccia negli applausi forti, il loro è un romanzo ininterrotto di una sera di luglio incastonata e ormai salda nella memoria viva di un momento cercato. E' un concerto speciale, dove le voci si BARD-logo-festivalfondono e si slegano, i colori tenui di Einaudi si intrecciano nei fuochi di Paolo, negli echi e sui fondali sonori di un'orchestra vera o di piccoli ensemble: un cercarsi continuo, per ritrovare il mare aperto (Einaudi) o la propria terra (Fresu) in un finale maestoso, dove Paolo lancia in alto e rompe il cielo con sibili e lampi di suoni ripetuti all'infinito, mentre Ludovico, dopo l'ultima nota, piccola e acuta, cerca l'onda dimenticata, come lo spazio di un silenzio cercato. Non è facile, per le infinite note raccolte dopo il concerto, sconfiggere la metrica di un cànone che impone sintesi o racconti convenzionali: introduzione/descrizione, sintesi/approfondimento e, in conclusione, giudizi o stelle da assegnare. Dopo la serata di Bard (per noi il primo incontro tra Einaudi con Fresu) e i saluti di Paolo, ci portiamo via le emozioni di un dialogo ininterrotto che continua dentro e ci accompagna nel segreto di una notte da custodire nella memoria, rara e preziosa.

Luciano Viotto

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