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21 Giugno 2012 ,

Arctic Plateau IL NEMICO DENTRO


arctic-plateau-split-EP-2011Abbiamo avuto l’opportunità di intervistare il musicista romano Gianluca Divirgilio, in arte Arctic Plateau, del quale è uscito a Febbraio 2012  il nuovo lavoro “The Enemy Inside”, che è stato accolto molto favorevolmente dalla critica e recensito positivamente anche sul nostro sito. Ecco quanto ci ha raccontato:

 

IGNAZIO GULOTTA (DISTORSIONI) - Ciao Gianluca, domanda iniziale d’obbligo, raccontaci come hai scelto il nome col quale ti presenti al pubblico

ARCTIC PLATEAU - Ho scelto questo nome semplicemente perchè alle mie orecchie suonava meglio di tanti altri che avevo buttato giù su un foglio word una sera in cui cercavo di fare una lista delle label situate in Europa a cui, di lì a poco, avrei spedito il promo che avevo registrato nel 2006. L'unica cosa che non volevo era chiamare il progetto firmandolo con il mio stesso nome in copertina per cui mi affrettai a scegliere un suono ancora più che una denominazione. Arctic Plateau mi piaceva anche come immagine descrittiva, lontana dall'Italia quanto basta per prendere distanze da un suono, quello mediterraneo, che non mi è mai appartenuto.

 

Il tuo esordio quattro anni fa è avvenuto dopo una lunga gavetta che poi ti ha portato a firmare per la Prophecy: ci puoi raccontare per grandi linee la tua avventura musicale e l’approdo all’etichetta tedesca?

Non ho mai pensato in termini di etichetta discografica. Ho sempre suonato, sin dall'età di 15 anni, in qualsiasi contesto mi capitasse di suonare, imparando, ascoltando, provando e riprovando. Mi sono divertito moltissimo suonando in ogni posto mi capitasse, senza mai pretendere contratti, attenzioni particolari o cose del genere, solamente per il puro piacere di farlo. Chiaramente con il tempo l'attenzione è arrivata, ma come spesso avviene se io avessi anche solamente mirato volendo fare centro per forza non credo che sarei mai riuscito ad ottenere matematicamente un contratto discografico. La pretenziosità si paga cara in questo tipo di cose ed il rischio è quello di diventare personaggi, ventriloqui della propria idea di arte. Bisogna farlo per amore, con dedizione, impegno, testa. Nel mio caso specifico non ho fatto altro che registrare un promo a mie spese, lavorando sodo per tirare su la somma che mi serviva per andare in studio. Niente prestiti, niente piccoli o grandi aiuti; non provengo da una famiglia ricca, anzi, in passato non sono stato sovvenzionato inarctic live plateau alcun modo nelle spese riguardanti spostamenti, strumentazione ed altro, ma questo è stato utilissimo per farmi capire quanto fossi determinato a raggiungere il mio scopo, che non era prettamente quello di firmare un contratto discografico ma semplicemente di riuscire ad essere abbastanza autosufficiente da registrare la mia musica come la sentivo nella mia testa, senza compromessi, così come la sentivo io. Prophecy Productions mi ha offerto la libertà di esercitare il totale controllo artistico del mio materiale e di essere qui oggi, mi ha permesso di arrivare dove non sarei potuto arrivare con la sola autoproduzione, e mi ha offerto un contratto discografico con vincoli, impegni, quote, etc; sono stato così introdotto nel mondo della musica in un modo che io stesso non avevo mai valutato e che ho imparato a capire e ad apprezzare anche con il passare del tempo. Non posso che ringraziarli.

 

L’ascolto del tuo disco col passare del tempo cresce in qualità, si apprezza la libertà con la quale ti muovi fra shoegaze, psichedelia, post rock, metal, pop per creare un suono personale, ci puoi parlare delle tue influenze musicali e di come entrano nella tua musica?

Ho ascoltato e ascolto ancora molta musica e quando decido di non ascoltare musica ho un profondo rispetto del silenzio. Le influenze musicali sono effettivamente patrimonio artistico di ognuno di noi, ma riconosco che non sono cosciente del modo in cui “entrano” nella mia musica e neanche me lo chiedo poiché non ho un metodo; a volte ho in mente una melodia e la registro al volo canticchiando la melodia al microfono del telefono, altre volte suonando un riff di basso riesco a risalire al movimento ritmico che l'armonia delle chitarre potrebbe tracciare, altre volte scrivo un testo e prendo la chitarra acustica, o mille altri modi. Riguardo all'ascolto di musica posso dirti che adoro ogni genere musicale indistintamente, ad esclusione dello ska e suoi derivati, che non mi piace.

 

Arctic Plateau è la tua creatura, componi musiche e testi, qual è il modo di lavorare e il rapporto che si crea con i musicisti che partecipano ai tuoi dischi?

Il mio modo di lavorare è semplice; mi siedo nel mio piccolo home studio project e registro la mia idea fino a finalizzarla completamente in ambiente di pre produzione utilizzando Logic, alcuni plug in, outboard esterno, etc, dopodichè può capitare che io faccia ascoltare qualcosa in giro, ad amici, alla mia famiglia o a gente esterna dall'ambiente della musica underground e non, così per raccogliere esperienze ed avere un test immediato sul campo. Quando mi ritengo soddisfatto dell'intero lavoro mi piace parlarne con il mio editore e proporre anche a loro il materiale, dopodichè mi appresto a registrare la vera e propria produzione in studio, cominciando a capire la direzione che tutto quanto il concetto deve avere a livello tecnico; curo l'aspetto del mix, mi interesso dell'artwork, ho un contatto diretto con tutto ciò che rappresenterà poi il prodotto distribuito che andrà a rappresentare Arctic Plateau intervistaArctic Plateau. Naturalmente l'aspetto artistico è alla base del processo di composizione e si esprime attraverso vie non sempre analitiche: di cosa voglio parlare nelle song, le sensazioni che voglio dare attraverso i suoni o i suoni che voglio applicati a questa o quella sensazione, così come la nascita di un concept che lega fra loro i brani, sono tutti elementi che prendo in considerazione nel momento in cui sono ancora a casa mia a comporre. In studio di registrazione la matrice del processo creativo non viene abbattuta, ma si basa su un tipo di creatività differente, prettamente tecnica. I musicisti che partecipano alle registrazioni in studio sono sempre amici turnisti; Fabio Fraschini al basso, Cesare Petulicchio dei Bud Spencer Blues Explosions nel mio primo album “On a Sad Sunny Day”, Massimiliano Chiapperi alla batteria per “The Enemy Inside”.Quest'ultimo è stato sin da subito molto coinvolto ed investe tutt'ora parecchie energie nel progetto Arctic Plateau, pertanto ritengo si sia guadagnato di diritto il posto nei futuri live, come ha già fatto due anni fa suonando con me al Wave Gothic Treffen assieme a Fabio Fraschini al basso. Massimiliano inoltre suonerà la batteria in studio anche nel prossimo disco.

 

E nella dimensione live cosa ci dobbiamo aspettare?

Questo dipenderà anche dai musicisti con cui avrò il piacere di preparare un allestimento degno. Non faccio le cose tanto per farle e pretendo molto impegno e prove continue, non è semplice trattare con me di queste cose, questa non è mai stata una band ma deve esserlo quando si suona live; una cosa piuttosto atipica e per cui, se vuoi che venga bene, devi lavorare anche sull'aspetto umano della faccenda. Se non ami questa cosa chiamata Arctic Plateau diventa difficile divertirsi e lavorare allo stesso tempo. A me non interessa il virtuosismo, non ne resto impressionato; allo stesso modo diffido dei molti che sono a digiuno totale di tecnica sul proprio strumento e hanno soldi da buttare in strumentazione spesso inutile, ma se suoni in un progetto e ancora prima di suonare mi parli di guadagno, con me hai sbagliato strada; per quello c'è la pop music e non sarò certamente io a vietarti di guadagnare onestamente suonando pop music Italiana, ci mancherebbe. Il discorso Arctic Plateau però è un altra cosa.

 

arctic sunny dayGianluca il tuo è quasi un concept album, i brani sono legati da una tematica comune, qual è il nemico che ci inquina e affanna l’esistenza?

L'incessante pulsione di essere protagonisti e usare ogni stratagemma necessario al proprio fine di protagonismo esasperato, l'educazione edulcorata da valori pregni di quel provincialismo bieco tipico di chi giudica e sentenzia, di chi non è capace neanche di essere testimone di se stesso e di ciò che lo riguarda a livello sociale. E molto altro ancora.

 

 

“Sono così ispirato dalla malinconia che sento di aver trovato la gioia”, è un verso molto bello e vero contenuto nel tuo album di debutto, quasi un manifesto della tua poetica, cosa è per te la malinconia e cosa ti provoca questo sentimento?

La malinconia è un vero e proprio sentimento legato a degli stati d'animo molto complessi che fanno parte irrimediabilmente della natura umana. Molti fingono di non vedere dentro di loro questo tipo di cose oppure scartano a priori l'idea e si rendono tipi ultra pratici nella vita di tutti i giorni; io mi limito a riflettere con la mia testa concentrandomi per primo con lo zoom sul mio mondo interiore; l'aspetto pubblico che ognuno di noi esseri umani è costretto ad osservare lo affronto come un lavoro ed in questo modo riesco a cavarmela in modo assai migliore anche nelle cose pratiche di tutti i giorni. Mi piace andare a fondo e concentrare lo sguardo sul focus delle mie emozioni virando in musica tutto ciò che attraversa le mie esperienze. Non si tratta di tristezza, non si tratta di depressione, io per chi mi conosce non sono affatto triste; sembra che a questo mondo quando una persona voglia concentrarsi su qualcosa che non sia il calcio o l'ultimo modello di automobile stia filosofeggiando o sia un depresso cronico. Tipico dei tempi superficiali in cui viviamo. Io mi limito ad essere soddisfatto di quello che faccio: scrivere la mia musica e accrescere la mia esperienza di uomo e musicista come posso, con i miei limiti. La frase che hai citato raccoglie ciò in cui credo ciecamente: tutti noi prima o poi finiamo con il sedere per terra e non è importante il conteggio del tempo che impieghi a rialzarti, ma il modo in cui compi questa azione, la maniera in cui decidi di rialzarti da terra con le tue gambe. Bisogna cercare soddisfazione in ciò che si svolge quotidianamente qualunque cosa essa sia, per non restare vittima del male che la propria insoddisfazione genera; se ci riesci hai sublimato la malinconia e avrai la libertà di poterne parlare senza che lei ti uccida. Questo è il senso di quel verso contenuto nel brano Alive.

 

Il fatto di incidere per una etichetta straniera, i testi in inglese indicano che la tua musica si apre al mondo e vuol parlare non soltanto ai tuoi connazionali, qual è oggi il tuo rapporto con l’Italia?

arctic plateau the enemy insideAscolto volentieri molte band italiane e non mi considero un esterofilo ma a mio modesto parere e non soltanto tra gli addetti ai lavori, in Italia molti si sono concentrati sul loro piccolo orticello perdendo la capacità di alzare lo sguardo anche solo ad un palmo dal loro stesso naso. Molti hanno sfruttato la “formula” per troppo tempo e non sarò certo io a cambiare i regimi del Music business in una terra in cui la musica underground non è cultura. Bisognerebbe fare un upgrade e creare un Italia 2.0, ma chi si prenderebbe la briga di occuparsi dei futuri aggiornamenti? In Europa le cose sono di gran lunga più accettabili e decorose per un musicista professionista.

 

Come ti poni rispetto al mercato discografico attuale, quali pensi possano essere le vie da intraprendere per salvare il lavoro e la libertà artistica dei musicisti? O almeno qual è la strada che hai scelto tu?

Io opero in questo settore ma non ho idea di come possa risolversi la crisi dell'industria del disco. La musica Underground non ha bisogno della TV ma moltissima musica che viene passata in TV ha bisogno esattamente di quel tipo di veicolo per stare in piedi. Viviamo in un paese dove ti dicono che per svolgere il mestiere di musicista (quando e SE viene contemplato come mestiere) sembra tu debba avere le stesse certificazioni che otterresti da un corso di aggiornamento alla Patente Europea; qui prendiamo la musica e la facciamo diventare una pratica d'ufficio. Nella didattica potrei accettare un tipo di discorso del genere, io non sono totalmente sfiduciato in quel che una scuola può insegnarti, ma quando si tratta di arte e creatività resto sempre abbastanza perplesso: nessuna scuola può insegnarti un metodo per essere un artista. Una scuola può insegnarti molto di ciò che puoi fare, ma non potrà insegnarti molto di più di quel che sei. Mi sembra ci sia una sorta di cerebralità cronica in cose che dovrebbero nascere nell'area creativa del cervello di un artista, in modo libero. Puoi essere un artista anche svolgendo un semplice mestiere differente dalla musica; conosco buoni parchettisti che sono più artisti di certi che si fanno chiamare musicisti.

 

Oltre alla musica quali sono le esperienze culturali e artistiche più significative nella tua evoluzione artistica?

 Le arti figurative.

 

arctic plateauUltima domanda, so che hai anche un’attività didattica, ce ne vuoi parlare?

Il progetto è ancora in fase embrionale; vorrei aprire dei laboratori di ascolto, approccio al suono e composizione, dedicati a chi si avvicina ad un certo tipo di musica per la prima volta. Mi sono accorto che c'è davvero tanta confusione tra i ragazzi; le fasi di pre produzione su come realizzare un provino in modo autonomo e con il giusto investimento, imparare a mediare facendosi carico del proprio percorso artistico, comprendere e capire le veloci dinamiche del mercato di nicchia, come cercare una label interessata e come presentarsi ad essa, la scelta del giusto modo di approcciare le spese per un planning di lavoro finalizzato ad una serie di incisioni del proprio materiale sonoro, come cavarsela tra apparecchiature digitali e analogiche e un mare di altri aspetti tecnici, didattici e di gestione che spesso sembrano essere oscuri e relegati a chiacchiere o esperienze più o meno indirette sul web, le quali altrettanto spesso non fanno altro che aumentare la confusione intorno a cose che riguardano un mondo dove spesso, se non hai la risposta giusta al momento giusto, rischi di perdere tempo e denaro; molto spesso hai soltanto bisogno che qualcuno che c'è passato in prima persona sappia indicarti la direzione.

 

Un grazie a Gianluca per la sua disponibilità e speriamo di poterlo vedere presto in tour nel nostro Paese.

 

 

 

Ignazio Gulotta

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