(AllMyFriendzAre)DEAD WONDERS FROM THE GRAVE
Chitarre taglienti e riverberate (ben tre nell’organico del sestetto calabrese), atmosfere surf, rock’n’roll e velocità punkabilly compongono principalmente la cifra stilistica di quest’album che si muove tra le coordinate geografiche di una California d’antan e di un tex mex appena accennato in un melting pot da colonna sonora Tarantiniana.
Ecco che quindi ritroviamo il rockabilly sfacciato di Shake My Sheep (però a rischio Pelù) che ci travolge con il suo andamento trascinante, mentre Hello Spanking è un blues desertico ritmato e punteggiato da un organo Farfisa stravolto da un abito western che ricorda certi Los Lobos. Do You Believe It, anche primo singolo dell’album, ha l’insistenza armonica e insolente dei Devo più danzerecci conditi in salsa garage, quando invece Jackie Treehorn, unico strumentale del disco, presenta un funky spigoloso e geometrico che si avvicina a momenti sincopati math rock con appena accennate sfumature jazzy.
Surf Service tiene fede al suo nome proponendo il facile matrimonio tra rockabilly e surf music anni sessanta, mentre rock’n’roll e punkabilly la fanno da padroni in altri brani dai ritmi per lo più indiavolati che ben si addicono ai testi che spesso citano Satana, altri demoni (Belzeboobs, di nuovo un rockabilly sfrenato), tombe, e inferni senza pace.
Un’ottima cover del classico dei Dead Kennedys Too Drunk To Fuck in versione punkabilly e la bella ballata A Killer Also Know A God che sembra estratta dal songbook di Eddie Vedder confermano l’estrema piacevolezza di un album senza momenti innovativi ma dall’ascolto accattivante consigliato ai fan di tutti i nomi sopracitati e dei film di Robert Rodriguez.
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