Elbow THE TAKE OFF AND LANDING OF EVERYTHING
[Uscita: 10/03/2014]
Sesto album in 14 anni per gli Elbow, band che si conferma come una delle migliori realtà dell’indie pop britannico, abili costruttori di complesse composizioni che si avvalgono di belle melodie e arrangiamenti fantasiosi e mai banali. Le loro canzoni si sviluppano come approfondite narrazioni lungo un arco di tempo ben superiore ai canonici 3 minuti, dando modo ai musicisti di variare molto sul tema principale, arricchirle di suoni, emozioni, sentimenti, agli Elbow la lezione del prog è evidentemente presente. Come nello stile di lavoro del gruppo, l’album ha avuto una lunga gestazione, registrato prima negli studi Real World di Peter Gabriel e poi completato nei loro Blueprint Studios, ma lunga e tormentata gestazione ha avuto anche la scelta del titolo, fino a che al terzo tentativo l’album ha assunto il titolo di una delle sue tracce, facendo esplicito riferimento alle complesse vicende di vita di fronte alle quali si sono trovati i musicisti. Spiega il cantante Guy Garvey: «Si deve tener conto del fatto che ci sono stati molti eventi nelle nostre vite. Siamo in cinque, c’è chi si è separato, chi si è messo insieme, chi ha avuto figli. E tutto questo non si ferma mai, soprattutto intorno ai 40 anni.». Il titolo, che potremmo tradurre come ‘Decollo e Atterraggio di ogni cosa’ fa proprio riferimento a questa altalena di momenti di gioia, paura, dolore, solitudine, felicità di cui è fatta la vita.
La canzone iniziale This Blue World ad esempio, una lunga ballata malinconica e triste, è incentrata sulla perdita della persona amata e porta nelle liriche e nelle musiche il dolore per la fine del lungo rapporto di Garvey con la sua fidanzata, fine avvenuta proprio durante la registrazione del disco. Certo la musica degli Elbow corre sovente sul filo rischioso dello stucchevole e del ridondante, gli arrangiamenti che tendono al suono orchestrale rischiano il pomposo, la voce di Garvey, così piena, rotonda, baritonale a volte calca troppo sui sentimenti, ma quando raggiunge l’equilibrio crea piccole perle pop, come la già citata This Blue World, la tesa, drammatica, lirica My Sad Captains (il titolo è tratto da un verso dell’’Antonio e Cleopatra’ di Shakespeare), efficacemente punteggiata dalla tromba o la canzone che dà il titolo al disco, sorretta da un’ottima ritmica palpitante che dà forza ed energia creando un climax in crescendo particolarmente coinvolgente. A conti fatti la deriva alla Coldplay viene fortunatamente evitata, anche se sfiorata nei brani più fiacchi come Real Life (Angel) o The Blanket of Night, e poi i mancuniani Elbow non sono dei fighettini alla Chris Martin, le capacità di scrivere liriche di Guy Garvey sono decisamente superiori alla media.
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