Labyrinth Lounge PORGY
[Uscita: 25/08/2017]
Stati Uniti
La storia dell’ensemble americana Labyrinth Lounge era già ampiamente raccontata nel suo nome, prima ancora di compiersi. Nato negli anni ’90 a New York, il gruppo ha attraversato dei veri e propri labirinti esistenziali e musicali per arrivare nel 2017 a pubblicare questo primo LP. Un percorso tortuoso, che ha visto i componenti spostarsi dalla Grande Mela alla Baia di San Francisco, ma che certamente è servito a cementare il sound jazzato della band, creando gustose e affascinanti atmosfere promiscue nell’architettura sonora che viene fuori da questo interessantissimo “Porgy”, in uscita per l’etichetta americana Rufftone Records. Su una consolidata base nu-jazz i Labyrinth Lounge costruiscono sei fantasiosi castelli facendo appello a elementi dalla chiara influenza pop contemporanea, si ascolti l’accostamento tra la splendida voce black di Valerie Troutt e il rap free-style di Ambessa ‘the Articulate’ Cantave (protagonista solitario nell’intermezzo hip-hop elettronico di We Be Rocking). Una scelta che sicuramente farà storcere il naso ai fedeli dell’ortodossia jazz più naïf, ma che dall’altro lato rende molti episodi del disco più fruibili anche per un pubblico più vasto. A cominciare dall’allegro incedere mid tempo di It’s Just Water, brano in forte odore di acid jazz (la mente corre subito alla fase crepuscolare della produzione degli Style Council) che dalla fusione tra strumenti classici (piano, delicati tocchi di batteria e walking di basso carico di effetti), interventi elettronici/psichedelici e rap free style acquisisce ancor più forza espressiva. Caso più eclatante, ma non unico.
Tutta l’alchimia di Porgy emana il desiderio di rivoltare il rigido schematismo jazz (non ci sono, ad esempio, assoli di piano, four e altri elementi fondativi del jazz classico nemmeno in Displacement, il brano più fedele agli standard neri), senza stravolgerne mood e complesse armonie. Molto coinvolgente suona la ballata ambient-jazzata I Loves You Porgy, le cui cupe atmosfere scandite da un basso profondo e tribale contrastano con i caldi arpeggi di pianoforte. Il brano migliore del disco, però, rimane la delicata funk ballad Trouble Won’t Last, in cui su un tappeto armonico che richiama lo stile inglese di band come Jamiroquai e Incognito ritroviamo la staffetta tra voce femminile e rap per esporre un testo ispirato a tematiche sociali, che racconta il “no” dell’America nera alla presidenza Trump.
Porgy è un lavoro raffinato e seminale, che riesce a tenere perfettamente insieme citazioni di musica colta ed elementi pop, grazie a una coscienziosa manipolazione di un genere come il jazz che va trattato con i guanti bianchi. Il prodotto finale è di altissimo livello, e sicuramente è valsa la pena assistere alle ultra ventennali peripezie dei Labyrinth Lounge per poterlo avere tra le mani.
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