Cate Le Bon MUG MUSEUM
[Uscita: 11/11/2013]
# Consigliato da DISTORSIONI
Terzo disco per la gallese Cate le Bon, nata in una terra ricca di leggende e di magia che da i natali a spiriti bizzarri e irrequieti come i Gorky’s Zygotic Mynci e i Superfurry Animals, con membri di queste due band Cate è musicalmente cresciuta e non c’è garanzia migliore per la qualità della sua musica, nel suo caso vale proprio il detto “dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”. Qui riprende il discorso laddove l’aveva lasciato nel precedente “Cirkus”, ma la scrittura dei brani, la qualità degli arrangiamenti, l’interpretazione hanno ormai raggiunto la piena maturità artistica, regalandoci uno dei dischi più belli e ispirati di questa annata musicale. Un album che ha quella particolare aura magica e incantata che sembra provenire da un luogo senza tempo in cui la candida innocenza dell’infanzia si intreccia ad un sottile, spensierato e magnetico erotismo. La voce di Cate Le Bon si muove tra due estremi, esplorandone le varie gamme e sottigliezze espressive: fra aerei arcobaleni sonori folk alla Sandy Denny e le oscurità tenebrose e inquiete di Nico, che lei stessa ha dichiarato di ricordare «per la mia voce profonda e perché ho avuto un terribile problema con l’eroina», passando per la sensualità raffinata e intellettuale di Laetitia Sadier. “Mug Museum” è stato registrato a Los Angeles e prodotto da Noah Georgeson, ha lavorato con Devendra Banhart e Joanna Newsom.
Dieci canzoni, una più bella e affascinante dell’altra che ci introducono ad un variopinto caleidoscopio di suoni ed emozioni: I Think I Knew è una meravigliosa canzone intrisa di romanticismo nella quale si respirano profumi sixties molto parigini, cantata in coppia con Perfume Genius; se avete nostalgia del suono sofisticato e morbidamente psichedelico degli Stereolab Are You With Me Now? vi conquisterà in modo irresistibile. I Can’t Help You prende quella amabile nonchalance intellettuale caratteristica del gruppo di Laetitia Sadier, su un giro di chitarre molto sbarazzino. Wild, come promette il titolo, vede la nostra alle prese con un canto rabbioso e ossessivo, molto no wave sponda newyorkese, Lydia Lunch occhieggia felina e addolcita, Cuckoo Through The Walls è velvettiana nell’incedere delle chitarre e nella voce di Cate le Bon, che ricorda in modo straordinario Nico, e per il mood scuro che la pervade è forse il miglior omaggio possibile al geniodi Lou Reed. Duke inizia con atmosfere notturne e urbane, che sarebbero anche queste piaciute al compianto musicista newyorkese, per finire in gorgheggi psichedelici alla Os Mutantes. In No God su una base ritmica ripetitiva, con piccolissime variazioni, e vagamente funk, Cate le Bon costruisce un’incantevole linea melodica che ci ricorda l’epoca gloriosa di band no wave, Pop Group, uno dei tanti piccoli capolavori del disco. In Sisters un’attitudine punk si incontra con un sound con venature medio orientali mentre Mirror Me ha il suono magico del miglior folk rock british, col suo corredo di mistero e allegorie e una splendida ricchezza di suoni fra tastiere, fiati, percussioni e chitarre; il piano, punteggiato da inquieti interventi dei fiati accompagnano la voce nella canzone che dà il titolo a questo magnifico lavoro e che lo conclude, ma noi non possiamo resistere a rimetterlo subito nel lettore.
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