Allysen Callery Ghost Folk
[Uscita: 30/10/2020]
È davvero significativo come sono cambiati i nostri ascolti negli ultimi 60 anni. Per un giovane, o adolescente se preferite, il normale adesso è seguire la musica rap o l’hip hop, al limite l’elettronica, ma purtroppo non è quella dei corrieri cosmici del famoso Kraut Rock. Invece dell’estate dell’amore e della bellissima era psichedelica dei Sixties, così come il punk rock dei settanta o il grunge dei novanta, sono cresciuti con le orecchie piene di musica molto più scarsa a livello di contenuti, meno fantasiosa e povera di sostanza. Basta pensare al rap, dove molto tristemente si parla invece di cantare, come nelle vecchie radiocronache delle partite di calcio. Miserie dell’anno 2020. Per i nostalgici di certi suoni che ci deliziavano 50 anni fa invece ci sono fortunatamente i solisti, che nel passato erano in prevalenza maschi. Nelle ultime stagioni, e lo ripetiamo all’infinito come un disco rotto, è arrivata una vera tempesta di nuove proposte femminili, da fare invidia a quelle che circolavano nel decenni di cui sopra. Quantitativamente e qualitativamente siamo a livelli altissimi, sarà per la facilità di diffusione regalata dal web, certo non passa giorno che spuntano dal nulla nuove femmine talentuose e voci incantevoli. Una di queste è quella di Allysen Callery ma le faremmo un grosso torto ad annoverarla fra le nuove scoperte visto che è in circolazione da oltre 15 anni e purtroppo ancora in pochi si sono accorti di quanto è brava. Viene dallo stato del Rhode Island, a est di New York e giusto a sud di Boston e se non fosse che sulla cover del disco viene indicato 2020 si penserebbe a una delle songwriters, poche per la verità, che animavano i caffè della grande mela ai tempi dello sbarco di Bob Dylan in città. Ma più che agli Usa la sua proposta sembra volgere verso la terra d’Albione, a Vashti Bunyan, Bridget St John, Anne Briggs e tutte quelle magiche e sottovalutate artiste, rivalutate tardivamente ai giorni nostri. Incide attualmente per la Cosi, label teutonica di Oberhausen, Germania, quasi a ribadire una certa affinità con i suoni europei, ci viene in mente proprio la soave tedesca Sibylle Baier e il suo “Colour Green” (2006). Allysen Callery ha al suo attivo cinque album e tre Ep ma questo magnifico “Ghost Folk” è la sua vetta artistica, il disco della sua consacrazione, se ancora qualcuno nutre dubbi sulle sua qualità artistiche. E’ pura poesia, un incanto dalla prima alla dodicesima canzone, poi c’è quella copertina dove la nostra sembra voler accendere la luce su sé stessa, come a pregare che la sua proposta merita di essere presa in forte considerazione. Siamo forse troppo ottimisti perché sappiamo benissimo che album come questo verranno ascoltati dalla solita ristretta cerchia di appassionati, proprio come succedeva in passato con nomi che adesso hanno grandi consensi, come Nick Drake e John Martyn, che non avevano certo conti in banca chilometrici ma solo il grande affetto degli intenditori, dei topi da negozi di dischi. Ma torniamo a questo disco gioiello. L’apertura di Beautiful Teeth col fingerpicking agile di Allysen abbaglia, poi esce dall’oscurità quella voce appena sussurrata, e i paragoni con Vashti Bunyan non sembrano affatto esagerati. Speriamo quanto meno che abbia più fortuna di lei. Una che scrive cose dolcissime e splendide come I Can’t See You, Tarot Card e I Remember Everything non merita d’essere ascoltata da un pubblico ristretto. Nello strumentale In Your Perfumed Chambers rivive lo spirito del Nick Drake di “Five Leaves Left", su altri lidi cose come Katie Cruel, un traditional, e Elemental Child che portano scomodi paragoni con la prima Joni Mitchell. Bella per finire la rilettura di Go Your Way della grande Anne Briggs che figurava nel disco del 1971 che portava il suo nome. Allysen Callery suole descrivere la sua proposta “musica tranquilla per un mondo crudele” anche se adesso il suo sembra essere diventato un Ghost Folk, dove il fantasma insito nel titolo è la sua stessa immagine del fronte copertina, opera di Kevin Bowden. La dedica del disco è per un misterioso November Man, c’è pure una traccia che si chiama così, ma pure per il grande Nick Drake, che la nostra pare adorare a dismisura, a finire abbiamo pure un pensiero per tutte le persone tranquille. Siamo felici di rientrare a pieno diritto in quest’ultima categoria e lo siamo a maggior ragione per la stima che nutriamo per questa bravissima musicista. Lasciatevi abbagliare anche voi dalla luce magica che diffonde questa meraviglia chiamata “Ghost Folk”.
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