Roberto Ottaviano ARCTHETICS – SOFFIO PRIMITIVO
[Uscita: 15/07/2013]
# Consigliato da Distorsioni
L'ultimo lavoro del sassofonista pugliese (Bari) Roberto Ottaviano sorprende per una sorta di arcano vigore nel messaggio, già esplicito nel titolo "Arcthetics - Soffio Primitivo". E' un disco compiuto, omogeneo, con una struttura che poggia su un reticolo robusto, dove i cenni e i legàmi sono rivolti alla terra salentina: in realtà, l'orizzonte è più ampio. Ottaviano arriva a queste pagine in modo esplicito: le ispirazioni sono tratte dalle quartine di Vittorino Curci, poeta barese (di Noci, sulle Murge) dove i lemmi della cultura agreste sfumano nelle liriche tipiche della Beat Generation, declinate negli accenti pugliesi. L'affresco di Ottaviano è un fondale sonoro intenso, dove il soprano scandisce un respiro profondo, sottratto agli schemi obbligati degli archi, la grande novità di questa sua impresa discografica, fortemente voluta e promossa dall'etichetta salentina Dodicilune. Il sassofonista barese giunge a questa esperienza dopo un percorso artistico fecondo, avviato alla fine degli anni Settanta (con Mal Waldron, Rava, D'Andrea, Mangelsdorff, tra gli altri), poi con il percussionista Pierre Favre (nei progetti gruppi Window Steps e Singing Drums) o fondando propri gruppi (Koiné, Six Mobiles) consolidando uno stile personale al soprano, dichiaratamente ispirato alla lezione di Steve Lacy, attraverso numerose incisioni per una manciata di etichette (Red Records, Splasc(h) Records, Hat Art, Ecm, Diw). La figura di Ottaviano si delinea "oltre" gli schemi del jazz italiano, per abbracciare l'universo musicale contemporaneo, frutto di un dialogo ininterrotto con la musica europea e afroamericana, con sguardi rivolti sempre al di là di confini definiti: una cultura dell'impegno, militante, assetata di curiosità per altri linguaggi o espressioni artistiche.
E "Arcthetics - Soffio Primitivo" è un esempio di questa vocazione. Il disco presenta sei composizioni di Ottaviano, cui si aggiunge la settima traccia, un traditional song albanese Lule t'bukura ka Tirana, arrangiato dal leader. I titoli sono evocativi di uno slancio vitale profondo (Il pane degli addii, Era Notte a Sud), di una ricerca interiore (Sospeso tra due solitudini estreme), o nel messaggio politico (Il Confinato, Zone di guerra), o per assonanze ancora da svelare (Crosta bizantina). Ciò che colpisce ad un primo ascolto è una dimensione orchestrale unica per Ottaviano: i sideman prescelti sono protagonisti della scena jazz, artisti affermati quali il violinista Emanuele Parrini, Paolo Botti alla viola, Salvatore Maiore al violoncello, Giovanni Maier al contrabbasso e Roberto Dani alla batteria. L'inserimento di un quartetto d'archi rende sorprendente i cromatismi e le tessiture armoniche, sorrette dalla poliritmia dei drums con il soprano a disegnare volùte, segmenti modali, legati da un interplay efficace. Ottaviano rende esplicito il suo messaggio: la madre Terra come un pianeta sconfinato dove l'improvvisazione è testimone di valori antichi, tensioni mai sopite, ansia di riscatto. La dimensione "culturale" dell'opera si confronta con un retroterra che ci porterebbe lontano: qui ci limitiamo ad accostare (un azzardo?) Ottaviano con un padre nobile dell'antropologia culturale. In quale misura Ernesto De Martino può aver influenzato "Arcthetics - Soffio Primitivo"? Non mi fermo all'autore de "La fine del mondo" o de "Il mondo magico" o de "La terra del rimorso": le orme di Roberto tra i solchi della terra arata del Salento si confondono con quelle di De Martino. Ma senza sovrapporsi.
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