Fabio Orsi Открытка из России /POSTCARDS FROM RUSSIA
[Uscita: 15/02/2016]
#consigliatodadistorsioni
Una cassetta contenuta in una scatola serigrafata da Legno con 48 foto in formato A4 e un libretto curato dalla giornalista Diana Gianquitto. Questo pregevole lavoro di Fabio Orsi, "Открытка из России /Postcards From Russia", prosegue la serie inaugurata da Adriano Zanni (con l’alias Punck) nel 2008 “Postcards from”, dove il book fotografico era dedicato a Ravenna e l’opera musicale era un tributo al film di Antonioni, Deserto Rosso: "Piallassa (Red Desert Chronicles)". Da sempre la peculiarità dell’ambient drone di Orsi si apre a una fruizione multimediale e multisensoriale.
Lo stimolo visivo vi si accompagna anche per l’altrettanto spiccata dote del nostro come fotografo, capace di immortalare attimi di quotidiano in cui predomina un senso del tempo diluito, un’enfatizzazione della staticità che in qualche modo traduce una malinconia insanabile degli stati d’animo. La cosa che colpisce di più in queste cartoline dalla Russia sono le macchie di colore. Si mettono a fuoco angoli degradati, angusti e sommessi. Si intravedono crepe e usure implacabili del tempo, si respira un senso di abbandono, di trascuratezza e dimenticanza ma poi, guardando meglio, c’è qualcosa che ci dice la vita di quei posti silenti. Un piccione che si libra in volo, un gatto che curiosa da dietro un vetro.
Qualcosa che rompe o, sarebbe meglio dire lacera, la monotonia. Una specie di vibrazione pulsante che si staglia dall’inanimato e urla movimento. Anche nelle due suite del disco la narrativa è coerente. La serie di field recordings raccolti durante i tour in terra russa, sono riassemblati e rielaborati con lo stesso intento concettuale. Eco e voci trovate a suggerire la rimembranza, il viaggio della mente che ripercorre dei ricordi, dei pezzi di vissuto. Poi dilatazioni, glitch in dispersione, propagazioni tremule e quasi evanescenti a parlare di smarrimento, di interiorità inquieta e tormentata che annaspa alla ricerca di senso.
Folate gelide e lugubri, cunicoli cupi in cui si depositano, impalpabili, come in un divenire di trasognante malinconia, gli stati d’animo che si succedono, le ombre spettrali di presagi e le angosce. Ma questo senso di ignoto, questo baratro in cui ci si affaccia non è chiusura, non è fuga. E’ lucida consapevolezza, è fremente voglia di riscatto. La serie di loop ridondanti impattano con una serie di suoni scintillanti, strutturati. Sono scosse emotive, risacche palpitanti. Come assistere ai bagliori di un alba rosa che fa trapelare raggi di calore. Un torpore ridestato, un disgelo che annuncia l’imminenza di una nuova stagione. Una nuova nitidezza porta in risalto la vividezza del colore e dirada la coltre di nebbia che tutto offuscava.
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