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23 Giugno 2013

Tunatones Vulcano

Uscita: 2 Aprile 2013 - Prosdocimi Records

Tunatones-VulcanoTroppo spesso la scena musicale nazionale sforna bands da “live comodi”. Per live comodi, intendo quelle situazioni, eventi, serate nei locali, feste di piazza, in cui la direzione artistica seleziona le band basandosi sul genere musicale che coinvolge più facilmente il pubblico piuttosto che sulla qualità degli artisti. Emergere in questo substrato di gruppi ska-reggae, rockabilly e affini è particolarmente difficile perché si vive in una condizione di appiattimento costante tra composizioni standard poco stimolanti. In questo caso ci provano i Tunatones con il loro secondo album “Vulcano” ispirato direttamente alle spiagge di Tenerife e al calore magmatico delle isole Canarie. Nei dieci brani contenuti in questo disco si esplorano le sonorità calde del surf, del country-blues, del rock and roll alla Jerry Lee Lewis, in una consueta alternanza tra pezzi strumentali ed altri cantati in inglese dalla voce di Mike 3rd.  Già dall’introduzione s’intuisce l’attitudine alla presenza scenica del gruppo che apre “Vulcano” richiamando con il contrabbasso nel brano El Tiburón la theme song de Lo Squalo di Spielberg. Un pezzo che approda sulle spiagge dell’Atlantico carico di influenze hard rock riscontrabili nel tributo finale all’heavy metal del brano di chiusura. Un intermezzo di sassofono colora di blu le note di questo brano surf.  Il disco prosegue con Rockin’ the highway un brano rockabilly ricco di diversi richiami. Si possono ascoltare  riff alla Chuck Berry, ritmiche alla ZZ Top e le melodie dei nostrani Hormonauts. Nel brano successivo si abbandona il contrabbasso e il classico stile walking slap del rockabilly per andare su un country folk abbastanza scontato. Se Me and my motorbike e Like a goddess non brillano, mentre Honkin’ Horns mette in mostra le grandi capacità tecniche del gruppo. Dal punto di vista compositivo e melodico è il pezzo più riuscito, la chitarra dal sound alla Joe Pass s’integra perfettamente agli stacchi ed agli stop and go della base ritmica.  Si prosegue con il lento B.F.D. da ballo studentesco fifties americano, con tanto di controcanti e chitarra in tremolo. Night has never been invece richiama atmosfere smooth alla Tom Waits: colpisce per il suo riff psichedelico, per l’assolo di basso di grande intensità e per la linea melodica della voce che in questo brano convince più che in ogni altro. Indubbiamente uno dei brani più riusciti insieme ad Honkin’ Horns. Con Take Surf e Bonneville speed si rientra nella media. Le onde dell’oceano ed un giro di basso alla Take Five aprono la via ai riff di chitarra del brano Take surf mentre in Bonneville speed le strofe non convincono quanto le melodie e i cori del ritornello che richiamano alcuni chorus dei Mad Caddies, mitica band ska-core californiana. Il folle omaggio finale all’heavy metal, Heavy Medley, lascia il sorriso sulle labbra. Il riarrangiamento in chiave rockabilly del medley finale di tre tra i più importanti brani della storia dell’hard rock riesce per due terzi. Infatti se per Hells Bells degli AC/DC raggiunge un livello accettabile in Run to the Hills si rischia la denuncia da parte delle migliaia di fan degli Iron Maiden. Molto bello è il riarrangiamento in chiave jazz di Enter Sandman dei Metallica, con tanto di fiati nel finale che chiudono in maniera degna il disco.

 

Andrea Sgobba

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