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28 Giugno 2013 , ,

Bruce Springsteen and The E Street Band 3 Giugno 2013, San Siro, Milano


springsteenlocandinaliveRispetto a una tipica scenografia da derby mancano giusto i fuochi artificiali e i fumogeni, tutto il resto è praticamente identico: gli striscioni con i titoli delle canzoni preferite, l’ovazione del pubblico, talmente assordante da mettere i brividi quando partono le note di Morricone, e quest’anno anche la scritta fatta coi cartelli colorati che coinvolge tutta la tribuna. OUR LOVE IS REAL recita a dimostrazione, se ce ne fosse ancora la necessità, dell’eterno amore giurato ormai da tempo immemore, dai fan italiani a questa autentica leggenda americana vivente. Sentimento che lui, alla sua quinta calata su questo palco, giustamente ricambia con tre ore e mezza di musica, 34 canzoni e un tiro che avrebbe già dell’incredibile se sul palco ci fosse un trentenne e non un signore con quasi sessantaquattro primavere alle spalle. Roba che solo a raccontarla nessuno ci crederebbe e viene facile dire che un altro così debba ancora nascere. Il treno di Land of Hope and Dreams carica tutti a bordo e si parte. Da lì in poi la serata procederà su ritmi serratissimi, con una scelta di brani votata all’insegna del divertimento e della voglia di trasformare l’evento in una grande festa. Si balla e si canta su Out in the Streets, su American Land e sul rock’n’roll sfrenato offerto dalla premiere di Long Tall Sally in questo tour (la richiesta in realtà era per Good Golly Miss Molly, ma sempre di Little Richard si tratta e il risultato, “we have some fun tonight”, rimane identico), tanto che il primo dei rari momenti più intimi arriva solo con The River, eseguita in maniera impeccabile fino al finale, dove l’uso un po’ sopra le righe della voce a modulare in falsetto yodel rende epica e solenne una canzone che proprio non lo è.

 

Prima di questa toccherà a Wrecking Ball e Death to My Hometown ricordare che il tour è il proseguimento di quello intrapreso lo scorso anno a sostegno dell’ultimo album. Alla fine della serata il computo totale degli estratti da ‘Wrecking Ball’ salirà a cinque, saranno anche proposte Shakled and Drawn e We Are Alive, forse un po’ troppe. Quest’ultimospringsteen-Italia-2013 brano rimane un pezzo molto debole anche se introdotto da quella perla acustica offerta da This Land is Your Land. Le speranze di chi confidava nell’esecuzione integrale di "Darkness on the Edge of Town" nel trentacinquesimo anniversario della sua uscita caduto proprio il giorno precedente, svaniscono quando il Capo annuncia che sarà eseguito per intero "Born In The U.S.A.", scelta giustificata dal fatto che la prima volta che egli suonò a San Siro erano proprio i tempi del suo album più venduto. Album che in ogni caso si è prestato perfettamente al tono della serata, per cui alla leggerezza e all’allegria sprigionate delle varie Darlington County, Glory Days e Working on the Highway, al coinvolgimento creato da una Dancing In the Dark divertente come non mai, sostenuta per tutta la sua durata dal sax di Jake Clemons mentre sul palco salivano a ballare un po’ tutti comprese nonne e nipotine, alla splendida versione di I’m Going Down che per la sua forte impronta garage ha in Little Steven il primo estimatore, facevano da contraltare i brani più impegnati di quel disco. E’ pertanto doveroso citare  le eccellenti versioni di Downbound Train, No Surrender e della stessa title track, urlata con la stessa dirompente potenza e intensità di trent’anni fa. Il set principale comprende ancora Waiting on a Sunny Day e The Rising a cui segue una immancabile Badlands, primo ed unico brano in scaletta estratto dal capolavoro del 1978, per chiudersi col ballo collettivo sulle note di Hungry Heart. Nemmeno il tempo di uscire dal palco che la band rientra per i bis che durano quanto mezzo concerto di una springsteenliveband qualsiasi: altri tre quarti d’ora durante i quali vengono offerte in sacrificio per noi l’obbligatoria Born to Run come sempre eseguita con lo stadio illuminato a giorno, il doveroso omaggio al Clarence Clemons di Tenth Avenue Freeze-Out e la routine di Twist and Shout. Questa per una volta fa da interludio al vero finale rappresentato da una versione perfettamente riuscita e simpaticissima della Shout degli Isley Brothers durante la quale San Siro si trasforma e diventa il vero spettacolo nello spettacolo: il pubblico, letteralmente dominato, è completamente assoggettato ai voleri del Boss, tanto da arrivare al punto di  inginocchiarsi di fronte a lui. Uno spettacolo davvero incredibile e unico, di cui su YouTube sono offerte varie registrazioni per tangibili testimonianze a imperitura memoria.

 

Nell’ovazione generale la band saluta e lascia sul palco il solo Bruce che offre ancora una versione voce e chitarra di Thunder Road, cantata con una voce perfettamente integra, come fosse la prima canzone del concerto. Una performance fisica e, soprattutto, vocale davvero impressionante che accentua un po’ il rammarico per l’assenza dalla scaletta di qualche brano più avventuroso. C’è da augurare a chi avrà la possibilità di seguire tutte le date italiane di questo tour, di  portarsi a casa l’intero bottino composto dalle esecuzioni integrali di tre album: a Padova è stato eseguito per intero ‘Born to Run’, a Milano sapete come è andata, per cui per la futura data di Roma è lecito sognare tutto Darkness  eseguito nel pieno cuore dell’estate. Quello che forse è mancato a una serata in ogni caso speciale, è il vero brano heart-stopper, una di quelle canzoni che non ci si aspetta e che in maniera quasi sistematica Bruce è in grado di tirare fuori dal cilindro, uno di quei brani che da solo è in grado di segnare la differenza tra uno show eccellente e uno davvero indimenticabile. E’ vero che quando si tratta di Bruce Springsteen è come se fossimo tutti allenatori della nazionale (e il 3 giugno ce n’erano almeno sessantamila), mabruce-springsteen è facile immaginare che molti dei presenti avrebbero voluto ascoltare un pezzo importante, se non proprio la New York City Serenade suggerita dalla scenografia iniziale (NYCS era la firma in calce alla scritta Our Love Is For Real: ‘hey Bruce, ti stanno dicendo che puoi davvero eseguirla SOLO QUI perché solo qui puoi sentirti come a casa!’), almeno qualcosa di raro e prezioso come una The Price You Pay da sempre tenuta misteriosamente in disparte, una Point Blank o una Incident. Piccolo esempio di brani la cui peculiarità degli arrangiamenti, secondo il modesto parere di chi scrive, non solo permetterebbe al numeroso gruppo di fiati e coristi di esprimere maggiormente le sue potenzialità, ma avrebbe anche ricordato a Bruce di avere un fior di pianista che si chiama Roy Bittan. Va beh, tanto mica finisce qui, vero Mr. Bruce Springsteen?

 

Roberto Remondino
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