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22 Aprile 2012 ,

Oderso Rubini (a cura di) Largo all’avanguardia – 50 anni di musica rock a Bologna

2012 - Sonic Press

Largo all'AvanguardiaL’innovazione, la forza e l’energia che la alimentano, il fermento palpitante che ci spinge ad allargare i confini della nostra conoscenza, a sperimentare, a ricercare, ad affacciarci oltre i panorami dell’ordinario, hanno in sé una carica propulsiva e vitale inarrestabile. Il poderoso volume in questione, curato da Oderso Rubini, è la prova tangibile del brulicante sottosuolo che da sempre ha caratterizzato l’affermazione di mode e fenomeni giovanili di massa. Ci aiuta a leggere gli avvenimenti con la consapevolezza di poter allargare l’orizzonte percettivo anche a ciò che accadeva nei coni d’ombra, andando ad individuare uno spazio d’azione molto più vasto e variegato e, soprattutto, altrettanto determinante e influente nell’evoluzione storica dei nostri costumi e della nostra cultura. In questo senso è incontestabile attribuire alla scena bolognese degli ultimi decenni un ruolo di rilievo speciale nel saper scovare e anticipare le tendenze musicali che caratterizzeranno il panorama rock italiano. Ma la meravigliosa scoperta che questo libro corale ci aiuta a compiere non è solo di rivalutazione delle nostre origini, di messa a fuoco spazio-temporale, di nascita ed evoluzione di una precisa fenomenologia musicale.

 

E’ soprattutto un partecipato tributo e un entusiasmante ricomposizione di storie di vita, una celebrazione partecipata di scorci di esistenze spese a dare concretezza a sogni e ambizioni, a speranze e passioni. Lo mette in luce nell’acuta e sapida prefazione anche Federico Guglielmi. In questo modo Piazza Maggiore diventa metafora e crocevia di passaggi epocali, depositaria di entusiasmi sempre costruttivi e sempre lungimiranti. Ognuno di noi tra le righe di queste pagine può ritrovare un ricordo, un’associazione mentale, un impeto di euforia nel rivivere episodi piacevoli legati alla propria esistenza, magari ricordi sbiaditi da poter riaccendere. Le nuove generazioni invece potranno inorgoglirsi di tanto fiero e ardito serbatoio di idee che ci ha contraddistinto. E tutto questo ci fa capire come in fondo noi siamo sempre i protagonisti diretti del mondo che viviamo, che non esistono paradigmi a cui conformarsi, realtà immobili che non si possono cambiare. Tutto può essere fatto nostro e plasmarsi con la nostra personale impronta.

 

Largo All'avanguardia ODERSO RUBININella musica tutto questo ha valore amplificato, essa ed altre forme d’arte incarnano per eccellenza la dinamicità dell’espressione umana, il fluire ininterrotto di emotività e pulsante creatività che traccia la strada del progresso più autentico. Gianni Gherardi, Lucio Mazzi, Pierfrancesco Pacoda, Michele Pompei, Andrea Tinti e Angela Zocco ci raccontano, decade dopo decade, i gruppi e i protagonisti che si sono imposti: per talento, per originalità, per capacità innovativa e creativa. Particolare risalto viene poi dato agli ambienti, ai luoghi d’incontro, alle iniziative e alle associazioni, ai festival, che hanno favorito il diffondersi di tante nuove idee, di controcorrenti e controculture più o meno reazionarie ma sempre comunque impattanti e rilevanti. Dagli anni ’60 con i Golden Rock Boys  e i Meteors di Andrea Mingardi, (i Meteors ebbero addirittura l’onore di poter accompagnare il tour italiano di Gene Vincent) i Copains di Beppe Maniglia, i Judas di Martò e i Jaguards di Valerio Negrini (questi ultimi due gruppi in accesa competizione fanno pensare ad una rivalità - in chiave tipicamente provinciale- simile a quella tra Who e Kinks).

 

Ci sono poi alcuni retroscena e approfondimenti dedicati a realtà particolari che riportano in vita figure di grande spessore artistico, a volte dimenticate, che danno vivacità e curioso interesse all’intera trattazione. Le vicissitudini di Roberto Babbini che militò in svariati gruppi rock-blues col nomignolo de il Babbo, Ciarly Roketto, uno tra i più longevi protagonisti della scena easy beat e la più famosa delle sue creature: i Jolly. Gli anni ’70, con gruppi come i Cerbiatti, gli alfieri del rock-jazz Frog’s Horrifying Cry poi ribattezzati Orchestra Njervudarov, vicini a Claudio Lolli e agli Area. Gruppi assolutamente atipici per l’epoca come i Tombstones  e la splendida voce di Iska Menarini. La scena cantautorale e poi l’arrivo dirompente del punk. Bologna fu certamente una delle rare realtà in cui il fenomeno venne tempestivamente raccolto. La caratteristica che più lo contraddistinse e che più lo rivaluta in prospettiva storica fu la grande esplosione di creatività.

«Potendo scattare dall’alto una fotografia di Bologna del 1977, noteremmo diverse situazioni interessanti: agli infrarossi della creatività, zone decisamente rosse».

 

Le zone bollenti erano sicuramente nei pressi del Conservatorio G.B. Martini e nei corsi (unici in Italia!) di Musica elettronica e d’uso di Gianfelice Fugazza e Ettore Ballotta. Le radio libere come Radio Alice. Locali come Punkreas e Tilt, il Movimento studentesco,la Traumfabrik. Daqui l’energia impetuosa, furiosa e grezza, violenta, diretta ed essenziale di band come Frigos, Gaznevada, Luti Chroma, Anna FalkSS, Rusk und Brusk, Skiantos, Raf Punk, Bieki, Windopen e Nabat, volendo fare un elenco che comunque deve tener conto di tutte le specifiche distinzioni. Si pensi ai Confusional Jazz Rock Quartet,  imbevuti di futurismi e velleità dissacranti alla Devo. I Naphta, ispirati dalla scuola di Canterbury. Poi c’è la storica data del 2 aprile 1979 che dà inizio al Bologna Rock:

«Il caotico, estremo, felice, strampalato, stuprato ed ingenuo evento pensato e realizzato per dare visibilità alla fantasmagorica scena rock bolognese».

Il fiorire di numerose etichette indipendenti, sull’esempio dell’Italian Records (ex Harpo’s Bazaar), contribuì notevolmente a proporre un’alternativa sempre più valida e apprezzata ai predominanti grandi gruppi discografici. Ciò portò ad un fiorire incontenibile di gruppi e iniziative che popolavano il sottobosco e che spesso si caratterizzavano unicamente per la voglia di proporre una voce alternativa, al di là di ogni calcolo d’interesse o tornaconto.

 

Fu anche per questo che la scena bolognese mise in campo alcune proposte che si rivelarono poi nel corso degli anni seminali nella futura nascita e diramazione di generi musicali successivi. Dalla musica elettronica degli Stupid Set alla finta dance di Hi Fi Bros e Dens Dens, dall’hard core/trash dei Disciplinatha, alla miriade di realtà riconducibili al fenomeno new wave e al rock demenziale. La scena dei primi anni ’90 con Allison Run, Avvoltoi, il nuovo metal dei Crying Steel e Danger Zone. La realtà autogestita del Centro Musicale Scandellara, spazio utilizzato stabilmente da più di una cinquantina di gruppi ogni anno, punto di riferimento per gruppi bolognesi e non. Lo Scandellara Festival. Le proposte di rilievo e raffinate destinate a rimanere orgogliosa testimonianza di bandiera come i Massimo Volume, Moltheni e Muble Rumble. Il dilagare dei generi hip-hop, ska, ragamuffin e tanti altri melting-pot di stili. Infine una panoramica sul primo decennio del nuovo millennio che mette in risalto una cesura piuttosto netta con le stimmate politiche e militanti del passato, che pone fine ad alcuni capillari collegamenti tra produzione musicale e centri sociali, arte, cultura e correnti di pensiero. La nuova generazione di musicisti prende le distanze - in ragione anagrafica e di contestualizzazione - con le occupazioni, con le istituzioni, con i fermenti di protesta e aperta rivolta.

 

Lo stesso concetto di scena cittadina viene scardinato dalla tecnologia e dalla diffusione della rete, le distanze sono ridotte, si ampliano collaborazioni e contaminazioni.

«Il rock non è finito, ma il significato che occorre attribuire a questo termine (e non solo nella sua dimensione musicale) è profondamente mutato e occorre avere curiosità, elasticità e larghezza di vedute, per riuscire a comprenderlo».

Arriviamo ai nostri giorni in cui il punto di convergenza tra figure professionali e creative diverse mette in risalto figure eclettiche assai interessanti, personaggi che rivestono in contemporanea ruoli di produttori, Dj e musicisti. Riccardo Balli e la sua label di nicchia, Sonic Belligeranza, capace di imporre ricerca sperimentale e ripescaggio. Alex Dandi a cui si legano i progetti house-electro funk dei Pinktronix, la collaborazione con la starlett electroclash Tying Tiffany. Il termine ‘progetto’ è sicuramente quello che più riassume la nuova tendenza dei nostri giorni e che meglio ne traccia la cronaca, nell'attesa di una più riflessiva elaborazione, che solo lo scorrere del tempo e il compiersi dei flussi, potrà meglio focalizzare. Le commistioni con letteratura e colonne sonore (l’oriundo Nicola Manzan e la sua Bologna Violenta, i multietnici Mariposa con il loro ibridato free form, teatro surreale e psichedelia).

 

L’esperienza multiforme del TPO (Teatro Polivalente Occupato) che è diventato un “laboratorio di sperimentazione di pratiche e di linguaggi”, il parco del Dopolavoro Ferroviario che dal 2008 è uno dei locali di musica live più trend: il Locomotiv. Un’infinità di nomi, un crogiolo pulsante di iniziative, ritrovi, aneddoti, microstorie e diramazioni più o meno omologate sono il vero humus linfatico di questo libro che è una vera e propria opera enciclopedica. Corredato da interviste e contributi speciali, tantissime foto di cui numerose assolutamente inedite, discografia, indice dei nomi e delle label. Una messa a punto necessaria e un’immersione imperdibile in profumi e atmosfere preziosi che nessunLuti Chroma supporto analogico potrebbe mai rimpiazzare con la stessa efficacia e con lo stesso calore. Per dirla con le parole sarcastico presagisti che di Freak Antoni nell’omonimo testo degli Skiantos:

«Largo all'avanguardia pubblico di merda. Tu gli dai la stessa storia tanto lui non c'ha memoria… L'avanguardia è alternativa non fa sconti comitiva/ L'avanguardia è molto dura e per questo fa paura/… Applaudite per inerzia ma l'avanguardia è molto seria»

Forse queste parole e il titolo del libro sono la risposta più illuminata che Oderso Rubini potesse dare a chi dice che a Bologna il rock è morto e che tutto è finito coi Lunapop.

 

Romina Baldoni

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