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29 Gennaio 2020

Algiers There Is No Year

2020 - Matador Records
[Uscita: 17/01/2020]

Nella notte del 25 luglio del 1967 a Detroit, mentre la città veniva messa a ferro e fuoco dalle sommosse scoppiate nella 12° Strada, tre giovani neri venivano uccisi da alcuni poliziotti al “Motel Algiers”, colpevoli solo di essere niggers e di trovarsi in compagnia di due ragazze bianche. A distanza di oltre cinquant’anni da quei fatti, oggi più che mai c’è bisogno di un nuovo umanesimo politico e ci sono artisti che ne sentono il peso più di altri, come gli Algiers, band votata programmaticamente già nella ispirazione del nome ad affrontare tematiche di denuncia sociale. Dopo l’omonimo “Algiers” del 2015 e “The Underside Of Power” del 2017, gli Algiers pubblicano oggi “There Is No Year”, disco che rimarca nella scrittura l’impegno e l’umbratilità tonale del predecessore. Il suono degli Algiers rimane però l’aspetto più interessante da considerare, proprio per la mescolanza di elementi soul, gospel e trip hop che intercettano umori post punk su una base di blackness di derivazione Stax. In un mare magnum di produzioni derivative, un album degli Algiers mantiene ancora qualcosa che potremmo definire a suo modo originale, alla luce del lavoro profuso a livello di produzione artistica che punta sullo spessore specifico del suono, soprattutto nelle basse frequenze dei pattern ritmici. In questo senso, la scelta di continuare a puntare su Randall Dunn dei Sunn O))) e Ben Greenberg, già membro degli Uniform, è significativa in termini di una resa sempre pulsante e vivida, sia nelle chitarre che nelle tessiture di una pletora di sintetizzatori. A differenza dei due album precedenti, si nota un generale arrotondamento degli spigoli che determina una collocazione dei brani in un alveo di maggiore fruibilità, anche se con soluzioni che non ne intaccano mai l’intensità. Basti ascoltare i beats al silicio dell’opener There Is No Year con la voce di Franklin James Fisher, prossima alle disperazioni di Zeal And Ardour, oppure la successiva Dispossession, singolo che ha anticipato l’uscita dell’album, per capire il tiro avvolgente del lavoro. Losing Is Ours è a metà tra i primissimi Morcheeba ed i turbamenti dei Depeche Mode, Unoccupied rimesta nelle stesse acque torbide dei Soft Moon, mentre Chaka è la traccia più eighties-oriented, con la partecipazione del sassofonista Skerik; si percepisce un clima bristoliano in Wait For The Sound, come una immersione nel mood di “Safe From Harm” dei Massive Attack, allo stesso modo di We Can’t Be Found. In chiusura, la drammaticità di Nothing Bloomed e le lacerazioni incendiarie di Void. “There Is No Year” vive di una narrazione meno oltranzista, ma non meno autentica. Indubbiamente, una terza prova di maturità da parte di una band che rivendica una propria identità oltre ogni manierismo.

Voto: 7.5/10
Giuseppe Rapisarda

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