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6 Luglio 2013

When Saints Go Machine INFINITY POOL

2013 - K7 Records/Kizmaiaz
[Uscita: 28/05/2013]

whenLa Scandinavia da alcuni anni aspira legittimamente al titolo di regno del pop come in passato potevano essere la California o la Scozia (molto più dell'Inghilterra). Oltre all'Islanda che ci ha dato personaggi che ormai sono mostri sacri come Bjork e Sigur Ros, le terre del nord, con artisti come i Motopsycho più psichedelici, gli Efterklang, o Jens Lekman, autore di un disco che è già classico, “Night falls over Kortedala”, sfornano musicisti in cerca della melodia perfetta a getto continuo. When Saints Go Machine nascono a Copenhagen nel 2007 e sono un quartetto electro pop formato da Manuel Vonsild, voce, Jonas Kenton e Simon Muschinsky alle tastiere e Silas Moldenhawer alla batteria. Dopo “Ten makes a face” del 2008 e “Konkylie” del 2008 giungono con l'appena uscito “Infinity pool” al terzo album, quello che dovrebbe essere il disco della consacrazione. Ci riescono? Oggettivamente no. Il gruppo presenta un gay oriented pop sulla scia di Jessica Six o Hercules and love affair, senza però mostrare le doti di questi, i ritmi non sono accattivanti e spesso mosci. La voce del cantante Vonsild è bella ma troppo simile a quella di Antony Hagerty, e senza le sue doti di interprete (a volte sin troppo teatrali, va detto, ma innegabili). Pochi brani catturano l'ascolto: l'iniziale Love and respect, che peraltro non è cantata ma rappata dall'ospite Killer Mike, System of unlimited love, dalla melodia vagamente orientale, o Mannequin, l'unica con un arrangiamento meglio costruito, con una sontuosa parte di archi sintetici che rimanda ai bei tempi di Soft Cell e Bronsky Beat. I brani peraltro si trascinano troppo a lungo, o almeno danno questa impressione, senza invenzioni che variano il tema o l'arrangiamento. Ci sono brani, come Degeneration, che sono davvero inconsistenti. Se fosse un gruppo italiano all'opera prima potremmo sottolineare pregi e difetti, e consigliare il gruppo sulla strada da seguire. Ma questi When Saints go Machine sono già al terzo album, per cui i limiti sono strutturali, per dirla come un politico, evidentemente certe scelte stilistiche sono volute, sebbene venga il sospetto che siano derivanti da scarso talento. Permetteteci per una volta di fare gli autarchici: abbiamo avuto modo di recensire su queste pagine gruppi electro pop italiani come Atari, Mai personal mood, Molotoy assolutamente più originali e ispirati. Quindi non accettiamo alla cieca qualsiasi gruppo purché esotico e scandagliamo meglio il sottobosco italiano, che dà frutti più gustosi.

 

Voto: 5/10
Alfredo Sgarlato

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