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27 Maggio 2023

The Tallest Man On Earth Henry St.

2023 - Anti
[Uscita: 14/04/2023]

«Through every little heart I know I’m going to see the world / Through every little heart I know. But we meet up with darkness of time», in questi versi tratti da Every Little Heart c’è in buona parte il senso del settimo album dello svedese Kristian Matsson, che come nome d’arte ha scelto l’ironico, lui è basso di statura, The Tallest Man On Earth. Una ricerca di calore e vicinanza umana per uscire fuori dall’isolamento causato dal Covid e il timore che l’oscurità dei tempi incomba sempre su di noi. Da quando nel 2012 ha iniziato la sua carriera di musicista Matsson ha girato il mondo con la sua chitarra tenendo innumerevoli concerti durante i quali dava tutto se stesso. Ma la pandemia ha interrotto tutto quanto e si è ritirato nella sua Leksand, cittadina circondata dai boschi al centro della Svezia, dove ha scritto le canzoni che compaiono in “Henry St.”, e dove immaginiamo che soprattutto durante i lunghi e bui mesi invernali il senso di solitudine e smarrimento sia stato molto forte. Il disco si apre con lo splendido arpeggio di chitarra di Bless You una dolce e malinconica canzone d’amore arricchita dalla steel guitar di Ryan Gustafson dei Dead Tongues e che contiene uno dei versi più significativi del disco: «Ballo con una palla da demolizione in questo lato solitario dei tempi». Un ipnotico giro armonico di chitarra caratterizza la citata Every Little Heart, Slowly Rivers Turn si fa più tesa e la tromba di CJ Camerieri nel finale conferisce un inedito incedere epico, Major League è uno splendido country impreziosito dall’ukulele. La title-track costituisce uno dei momenti più alti del disco, la voce di Matsson è quanto mai ispirata, qui accompagnata dal solo piano, nel cantare la speranza che l’America possa essere una risposta alle sue inquietudini, l’atmosfera molto intimista del brano cede poi alla ritmata In Your Garden Still, ma con Goodbye si ritorna alla ballata folk intrisa di incertezza (“Di' addio, raccogli tutte le tue cose. Dove vai con la tua follia e tutto il resto?”), di paura di non trovare un posto, non solo fisico, ma anche sentimentale dove trovare serenità. Stessa tematica in un’altra ballata dedicata alla nostra terra, Italy, ma qui i toni si fanno più lievi e si apprezza il lavoro agli archi di Rob Moose, il disco si chiude con il ricco arrangiamento quasi orchestrale di New Religion e con il folk acustico e triste di Foothills che si apre con un verso in cui probabilmente molti si riconosceranno dopo l’allucinante e delirante periodo del lockdown: «Pensavo che la solitudine alla fine avrebbe ucciso». Ecco perché i dischi di The Tallest Man On Earth ci piacciono e li ascoltiamo sempre con grande piacere, perché in essi ritroviamo spesso sensazioni, pensieri, sentimenti, inquietudini che proviamo anche noi, ma certamente anche perché le sue canzoni sono costruite con grande sensibilità, ben arrangiate e cantate con intensità e partecipazione emotiva.

Voto: 7.5/10
Ignazio Gulotta

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