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27 Febbraio 2015 ,

Steven Wilson HAND.CANNOT.ERASE.

2015 - KScope Music
[Uscita: 27/02/2015]

 Inghilterra  #Consigliato da Distorsioni  

 

wilsonSteven Wilson sta vivendo un periodo di fertilità creativa che nessuno si aspetterebbe da un artista che ha ben oltre un quarto di secolo di carriera, numerosi album e altrettanto numerosi progetti sotto diversi nomi alle spalle. Sono passati soltanto un paio d’anni da quel “The raven that refused to sing” che ha letteralmente mozzato il fiato agli appassionati di progressive rock di tutto il mondo. Quell’album ha avuto un tale successo negli USA da spingere i critici musicali di diverse riviste americane a scrivere cose come: “Se voi doveste essere costretti a comprare ancora un solo album di progressive rock in tutta la vostra vita, dovrebbe essere questo”. Giudizio forse un po’ azzardato, nei confronti di un disco comunque affascinante e riuscito, ma a questo punto (e soprattutto dopo una decina di album di studio e una ventina di singoli, molti dei quali comprendenti anche o solo materiale inedito con i suoi Porcupine Tree), diventava lecito chiedersi: Wilson riuscirà a riconfermare tanta approvazione nei suoi confronti? Il risultato è sorprendente: non soltanto questo “Hand. Cannot. Erase.” è ottimo, ma il genietto spariglia ancora una volta le carte offrendo al mercato 11 tracce fresche, imprevedibili e, nel contempo, comunque, contrassegnate da quel marchio di fabbrica che è il Wilson-style, attraverso tutti i suoi vari progetti.

 

Il precedente Raven..., infatti, era una vera e propria dichiarazione d’amore verso il progressive rock più classico e, nel contempo una dichiarazione di intenti su come questo genere può essere rinverdito oggi: la potenza ritmica offerta da Nick Beggs e Marco Minnemann era profondamente figlia delle sonorità prog-metal del nostro tempo, mentre le digressioni tastieristiche e fiatistiche, soprattutto, erano un omaggio a tratti fin troppowilson spudorato ai costrutti tipici soprattutto di King Crimson, ELP e scuola di Canterbury, con la chitarra di Guthrie Govan a fare da “collante” tra le due epoche, ora lanciata in costrutti decisamente innovativi, ora dedita a morbidi languori floydiani e genesisiani. Questo nuovo disco è totalmente diverso: innanzitutto rispetto al drammatico lavoro precedente (ispirato in parte agli orrorifici racconti di E. A. Poe), suona molto più leggero e persino “solare”, nella misura in cui può essere solare un album di Steven Wilson. E poi è decisamente moderno. Loop ritmici sintetici, pad elettronici ad ampio respiro, melodie dirette. C’è qualcosa che richiama ai primissimi capitoli del lungo viaggio dei Porcupine Tree, quando non erano ancora una vera e propria band, ma l’emanazione di Wilson, appunto. Ci sono atmosfere che richiamano alla fase centrale della carriera di questa band (quella di “Stupid Dream”, per intenderci), prima della svolta influenzata dal metal di “In absentia”

 

A differenza delle lunghe composizioni di Raven qui troviamo di tutto, dai due minuti di durata di First Regret e di Ascendant here on agli oltre 13 di Ancestral. Non mancano certo momenti profondamente legati alla “vecchia scuola” (l’arpeggio di chitarra acustica spudoratamente hackettiano nella sezione centrale di Routine), ma si trovano qua e là handanche fonti di ispirazioni che in Wilson non erano mai emerse: ascoltando tutta la parte iniziale della lunga 3 years older, ad esempio, è impossibile non pensare ai Rush. Squadra che vince non si cambia, e accanto all’eclettico genietto ritroviamo ancora Guthrie Govan (chitarra), Nick Beggs (basso e Stick), Adam Holzman (tastiere), Marco Minnemann (batteria e percussioni) e Theo Travis (flauto e sax), con la sorpresa in più degli splendidi inserti vocali di Ninet Tayeb. Si possono coniugare il prog-rock e la new-wave, melodie pop ed elettronica? Wilson c’è riuscito, partorendo un album destinato a stupire e a dividere, a scontentare certi soliti “vecchi tromboni” conservatori e nostalgici del prog e a coinvolgere nuove fette di pubblico (come già avvenne con l’uscita di In absentia). Hand.Cannot.Erase. è spiazzante, sorprendente, probabilmente molto superiore ai capitoli precedenti della discografia solista wilsoniana e, sicuramente, eccelso.

 

Voto: 9/10
Alberto Sgarlato

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