Baustelle FANTASMA
[Uscita: 29/01/2013]
I Baustelle sono l'unico gruppo italiano del terzo millennio ad essere arrivato al successo partendo dall'underground, cosa che ne ha fatto un gruppo che molti amano odiare, come sempre avviene. Nel frattempo il leader Francesco Bianconi si è anche cimentato come scrittore con “Il regno animale” (Mondadori), prova decisamente acerba che sarebbe stata cestinata se mandata da un signor nessuno, sebbene salvata dall'ironia e dall'autoironia. Se il Bianconi autore di canzoni, con quel suo maledettismo da liceale di provincia cresciuto prima dell'egemonia culturale Mediaset, risulta personale e divertente, specie per chi come me in quel clima ha passato i suoi anni lontani, il Bianconi scrittore mostra ancora troppo poca personalità. Arrivati al sesto disco, anzi il settimo contando la colonna sonora del film “Giulia non esce la sera” di Giuseppe Piccioni, è lecito aspettarli al varco. Il nuovo “Fantasma” procede sulla scia de “I mistici del'occidente”, in cui lo spirito di Morricone si sostituiva a quello di Gainsbourg, nume tutelare dei primi dischi.
Novità del nuovo disco è la presenza, fin troppo presente, dell'orchestra. A volte le orchestrazioni sono davvero troppo magniloquenti, come in Nessuno, prima canzone del disco dopo uno strumentale d'apertura che cita gli horror anni '70 ma soprattutto il Krzysztof Komeda di “Le depart” (di Jerzy Skolimowski, 1967). Non che gli arrangiamenti siano brutti, ma la presenza dell'orchestra è davvero troppo Monumentale, come titola il brano numero 7, peraltro uno dei più riusciti insieme a Maya colpisce ancora, le canzoni più vicine all'irresistibile miscela pop/lounge dei primi due album. Oltre all'orchestra un altro fantasma molto ingombrante permea l'album: quello di Fabrizio De Andrè, presenza (assenza?) che riscontriamo sempre più forte in tutta la musica italiana, vedi Il futuro, canzone che potrebbe essere un outtake del genovese periodo pre “Creuza de ma”. Anche nei testi appare una certa ripetitività. Prendiamo Cristina: potrebbe essere il remake de Le rane, dal disco precedente (però quello era un gioiellino, con quelle chitarre alla Steely Dan, questa, pur incisiva sul piano melodico, è particolarmente appesantita dalla pomposità degli arrangiamenti).
E in quasi tutto il disco si riprende il tema della decadenza della civiltà che caratterizzava “Amen”. Va benissimo, ma è un argomento su cui ormai si cimenta chiunque, l'analisi della vita di provincia con le sue ingenuità e i suoi vizi dei primi album era molto più personale. Il brano che lascia più perplessi è Conta' l'inverni: sarebbe una gran murder ballad, ma Bianconi sceglie di cantarla in romanesco e la sua pronuncia è davvero scolastica. Alla fin fine, se dicessi che questo è un disco brutto, per quelli che ascoltano i miei vicini la domenica mattina dovrei chiedere la pena di morte. Molte canzoni sono valide, oltre a quelle citate il singolo La morte (non esiste più), ma l'aria generale non convince. Potrebbe essere l'inizio di una fase calante: non tutte le scelte del gruppo sono ispirate e si rimpiange la freschezza dei primi album.
l’album nn l’ho ancora sentito, ma dal vivo sono veramente bravi e secondo me meritevoli…a marzo io li andrò a vedere a Torino per la terza volta.poi capita di fare un album flop…
Ascoltalo allora l’album appena ti è possibile e poi ci dici quel che ne pensi. Comunque ti ringrazio per questo tuo nuovo garbato commento: sei un’anticonformista e vai controcorrente in un panorama di commenti di fruitori ed addetti ai lavori conformisticamente arroganti e carichi di odio, soprattutto su questo album e su questa band. Ormai è ‘hype’ esprimersi con quanta più violenza possibile, è un panorama desolante, soprattutto in Facebook, quindi leggere toni ‘misurati’ e sobri come i tuoi Monica fa davvero piacere! Un abbraccio
(wally boffoli)
Album di una pesantezza e pretenziosità da lasciare allibiti. mi sono addormentato a metà ascolto. Bianconi non è Piero Ciampi, qualcuno lo avverta di ciò. Recensione ottima comunque.
Grazie Baronte per il tuo efficace commento ‘critico’ civilissimo!
Pasquale Wally Boffoli
Azzeccatissima la citazione di Gainsbourg e Morricone. Alcune canzoni sono meritevoli di ascolto. Nessuno sfiora il capolavoro, La morte ha un ritmo sincopato che mi piace,…….Diorama bel testo, Monumentale bell’intro, la voce di Rachele fa piangere. Il futuro (che non vorrei vedere) agghiacciante ma gradevole.(perfetto il paragone con Faber). In Cristina, Maya colpisce ancora la vena compositiva mi pare buona. Considerando anche l’enorme numero di brani (19) si sarebbe potuto ottenere un decina di buone canzoni. Resta uno disco tristissimo, quasi funebre. Citazione colta: dopo la parola Corvo in Amen qui compare la parola Merli in Il Finale. Richiede un certo numero di ascolti. Alcune cadute di stile: Conta l’inverni cantata così è ridicola, peccato perchè poteva esse’ bella. In bilico tra capolavoro e sciarada.
grazie per la seconda recensione.
p.w.boffoli
dir.art.edit.