Alberto Radius BANCA D’ITALIA
[Uscita: 15/10/2013]
Per presentare e ricordare ai nostri lettori chi è e soprattutto chi è stato Alberto Radius non bastano le canoniche 4 righe di testo. Tralasciando i suoi primissimi vagiti è stato protagonista della scena beat italiana con i Quelli (pre P.F.M), in seguito è stata l'indimenticabile chitarra solista della Formula Tre, gruppo di grande successo da lui fondato e che ha accompagnato Lucio Battisti in due tour, nel 1969 e 1970. Lo stesso Battisti con l'inseparabile Mogol firmò la quasi totalità dei brani dei loro primi due dischi, nell'ordine "Dies Irae" (1970) e "Formula Tre" (1971) poi seguirono "Sognando e risognando" (1972) e "La grande casa" (1973) che vedevano le prime composizioni della band. Con Mario Lavezzi, Vince Tempera, Bob Callero, Gianni Dall'Aglio e Gabriele Lorenzi forma poi Il Volo, interessantissimo gruppo con due dischi all'attivo, molto amati dai numerosi collezionisti prog italiani. Per l'etichetta di Battisti, la Numero Uno esce il suo splendido disco di debutto, "Radius" (1972) un grande disco dimenticato da tutti ma tra i migliori esempi di rock di derivazione hendrixiana al pari di "Nuda" dei Garybaldi di Bambi Fossati, uscito lo stesso anno.
Da lì al 1985 usciranno altri 6 dischi di alterno valore, con apice in "Carta straccia" (1977), con la nota canzone Nel ghetto, prima che Radius abbandoni temporaneamente la sua avventura solista. C'è tempo ancora per due dischi con i Cantautores prima di assolvere negli anni novanta il ruolo di chitarrista ed accompagnatore dei cantanti nel mediocre programma Una rotonda sul mare prodotto dalle reti del cavaliere. Un triste epitaffio per una gloria del rock italiano, del resto sono le leggi del mercato discografico che spesso costringono ad accettare certi compromessi. Tutto finito? No: a sorpresa arriva "Please my guitar" nel 2004 che rivela un Alberto sulla scia di Pino Daniele e certo cantautorato italiano non proprio entusiasmante. Di nuovo un lungo silenzio che sembra preludere all'abbandono definitivo della sua attività discografica interrotto di nuovo da questo nuovissimo "Banca d'Italia".
Un disco sinceramente imbarazzante, un lavoro purtroppo di scarso spessore. La lunga frequentazione di televisioni commerciali non sembra aver giovato molto al pregevole chitarrista che conoscevamo nei settanta. Delle quindici tracce presenti si fatica ad estrarre qualcosa che si avvicina ad una bella canzone, alla lunga finiscono per assomigliarsi una all'altra e viene da chiedersi perché ne sono state pubblicate così tante. Non si capisce a che gioco stia giocando Radius, strizza l'occhio a Fossati, ai Nomadi (Banca d'Italia), a Ligabue (Dimmi chi ha vinto), e più in generale si ascoltano arie pseudo-mediterranee, come Non vale più, ma sempre di basso profilo. Talent show poi è proprio brutto, un brano quasi più brutto del suo terribile titolo. Alberto non è mai stato un grande cantante nei suoi anni d'oro, ora che ha passato la settantina ancor meno, ma quello che è davvero strano è che raramente in questo disco (Dimmi chi ha vinto) si ricorda dei suoi gloriosi trascorsi come chitarrista, le parti strumentali sono ridotte all'osso, come se improvvisamente (o volutamente?) si fosse dimenticato del suo vero mestiere, di ciò in cui ha sempre eccelso. Nella Formula Tre erano in massima parte Battisti e Mogol a sbrigare le pratiche di liriche e musica, ma quantomeno nei dischi del Volo le composizioni di Alberto Radius erano di squisita fattura. No, non ci crediamo che uno dei grandi sopravvissuti del rock italiano abbia composto un disco così, svegliateci per favore!
Francamente mi sembra un giudizio troppo limitato e stretto. pur non essendo all’altezza dei suoi precedenti lavori storici, ritengo che sia un disco sufficiente musicalmente. Dove le melodie e i ritmi vocali del grande Radius non sono affatto scomparsi. Penso che un 6,50 possa abbondantemente meritarlo, considerando anche che la recensione di un sito come Ondarock gli tributa un 7,50.
Siamo indipendenti nei nostri giudizi e voti, senza tener conto ed avere come termini di paragone quelli di altri siti e webmagazine di informazione musicale italiani. Guai se fosse il contrario. E’ una questione di deontologia critica. Grazie per il suo feedback.
pasquale wally boffoli
direttore artistico-editoriale distorsioni
Il mio giudizio su “Banca d’Italia” è invece molto diverso. Come al solito, Radius ha anticipato i tempi, e critici di scarsa cultura musicale confrontano il prodotto senza un minimo di apertura verso il nuovo. Radius è l’indiscusso Re della Chitarra Elettrica d’Italia. Il suo suono è a livello di Clapton, Knopfler, Dylan, e pochi altri. Nel desolante panorama Musicale italiano, Radius ha prodotto un album quantomeno godibile, con pu nte di notevole maestria armonica. Segnalo “La Creazione” ed “Il Tango di Dedalo” per iniziare l’ascolto, che deve essere autentico e dedicato.