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11 Aprile 2020 ,

Viagra Boys Common Sense – EP

2020 - YEAR0001
[Uscita: 06/03/2020]

Il senso comune e la musica rock raramente vanno di pari passo. Se poi tale accostamento è partorito dalle menti che stanno dietro una band dal nome di Viagra Boys, c’è già una particolare indicazione che vada preso poco sul serio. Cosi, con “Common Sense”, si ripropone al mondo una delle line-up più irriverenti di Stoccolma: con circa 15 minuti di riflessioni e luoghi comuni sulle droghe a seguire il loro acclamato debutto “Street Worms” (2018), un’introduzione originale e satiricamente profonda al sound degli svedesi capitanati da Stephen Murphy. L’EP si apre con la title-track Common Sense, uno dei loro pezzi più garbati e musicalmente aulici: un tentativo di testare le possibilità della band di valicare il loro personale Rubicone di caotico post-punk ed esplorare sfumature più intellettuali e melodiche. La precisione della voce di Murphy tende a toccare profondità tonali nella forma ed egotistiche nella sostanza, mentre striscia alla ricerca di un climax, aggrappandosi ad un crescendo di synth ascendenti, batterie spiraleggianti e l’urlo free jazz di un sax distorto e riverberato. Al termine della sua indagine interiore, Murphy giunge al picco della sua coscienza privo di alcuna realizzazione finale, ma con in testa la stessa ridondante domanda esistenziale con la quale era partito: “Why can’t I have a little common sense”?  Spoiler: la risposta a tal quesito non emergerà nel resto dell’album. Al contrario, le tracce seguenti introducono cambi di direzione repentini: l’umore speranzoso di effettiva auto-psicoanalisi viene subito contraddetto da Lick The Bag, uno sboccato inno alla droga che ci proietta immediatamente in uno dei più selvaggi club alternativi di periferia. La traccia è posta a difendere la pericolosità della band, guidata da un disco-beat ormai consumato dall’abuso ed accompagnata da sparsi glitch di sottofondo e riff di sax intrisi di riverbero. Qui viene fuori la banalità lirica del disco in tutta la sua stucchevole pochezza: “There’s some more fun to be had / if you can lick the bag”. La composizione seguente, Sentinel Island è l’unica vera idea valida presente all’interno del disco, in cui il pendolo dei boys scandinavi acquisisce un’oscillazione finalmente ipnotizzante: drum machine analogiche, basso, sax e synth si fondono in un groove ineluttabile, tela su cui la voce graffiante di Murphy dipinge nuovamente un’ormai prevedibile ode all’eroina e al fentanyl. Il disco si chiude con Blue, pezzo lento e strumentalmente spoglio che, ascolto dopo ascolto, non sembra voler incastrarsi minimamente nel corpo dei 12 minuti che la precedono. Un lavoro di quattro canzoni dopo un esordio accolto bene sta sicuramente a rappresentare un’occasione per il gruppo di tastare il terreno; nel caso specifico dei VB, questo significa lanciarsi nell’ardua impresa di sintetizzare l’annientamento sonico e lirico di "Funhouse" degli Stooges con l’intelligenza e la sofisticazione kraut-rock di Harmonia, approdando a un’idea tanto nobile nella sua concezione quanto, ahimè, frammentata nella sua esecuzione. Il tentativo di mischiare ingredienti freschi ad una poltiglia in decomposizione è, senza dubbio, necessario ed apprezzato. Forse dovremmo essere sotto le stesse influenze di Murphy per capire a fondo il concept dietro questo lavoro ed apprezzarne appieno il carattere. Forse questo follow-up dal retrogusto cosi amaro non è sintomo di una nuova direzione, ma semplicemente una brutta copia di qualcosa di più solido che verrà. In tutto questo, speriamo solo che i Viagra Boys non perdano quello per cui avevano affascinato con “Street Worms”: l’abilità di essere cosi dannatamente seri riguardo alla loro musica e ai contenuti, coperti da - come preannuncia il loro nome - una facciata di innegabile umorismo.

Voto: 5.5/10
Gabriele Bartoli

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