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2 Aprile 2020 ,

Melt Yourself Down 100% Yes

2020 - Decca Records
[Uscita: 27/03/2020]

In questi anni sono cambiate molte cose, a cominciare dall’etichetta, non più l’indipendente ed eclettica Leaf Label, ma una major di grosso calibro, qual è la Decca Records, scelta che sembrerebbe motivata dall’urgenza di sopravvivere nel vastissimo oceano dell’industria musicale odierna. Per il progetto Melt Yourself Down cambia anche la line-up, o meglio, perde un membro di rilevante importanza (quanto meno per l’attenzione mediatica che si è concentrata su di lui negli ultimi anni), infatti il sassofono tenore di Shabaka Hutchings non compare fra gli elementi presenti in queste registrazioni, mancanza probabilmente dovuta ai differenti altri progetti che lo vedono già coinvolto, per lo più come protagonista e probabilmente più remunerativi (Comet Is Coming, Sons Of Kemet, Shabaka And The Ancestors) E’ all’ascolto che ci si accorge immediatamente di quale sia la novità sostanziale, in particolare rispetto al loro brillante esordio del 2013, dal titolo omonimo: c’è tantissimo cantato. Lo sottolinea anche Peter Wareham, creatore del progetto e leader della band, durante lo streaming del concerto/presentazione del disco, il 27 marzo, in solo, lui, il suo sax un e un laptop con le basi, a causa della pandemia che costringe tutti, in questi giorni, a restare a casa. La voce è prepotentemente presente in tutte le tracce e questa volta non si tratta solo di arricchire la componente strumentale, Kushal Gaya con la sua voce, ritorna ad essere “il frontman”, così come lo era stato nella sua band precedente Zun Zun Egui. Sono sopratutto le sue liriche ad essere le vere protagoniste di questo album quasi di denuncia e che vuole essere tremendamente socio-politico, dove ogni traccia esplora una differente tematica. Ritroviamo quindi il singolo Boot And Spleen, uscito lo scorso luglio, che tratta della colonizzazione britannica in India e la percezione di inadeguatezza che avvertono le minoranze nel Regno Unito. Born In The Manor fa riferimento alla tragedia che ha colpito Londra nel 2014 con l’incendio della Grenfell Tower dove morirono 72 persone, ed è forse la traccia più dura per quanto riguarda le parole usate e le accuse esplicite. Every Single Day, esplora le insidie dei social media e la dipendenza da Internet che ci ritroviamo a subire ogni giorno, il tutto sottolineato da un cantato con un effetto robotico a rendere l'insieme ancora più straniante. Sempre parlando di dipendenze, un falsetto simil Bee Gees su un beat quasi disco, introduce Crocodile, che avrebbe dovuto essere il vero singolo. Il titolo prende il nome dalla droga di strada apparsa per la prima volta in Russia qualche anno fa e saltata agli onori della cronaca  per la sua aggressività e per gli effetti devastanti sul corpo, e ne diventa un pretesto per lanciarsi in un'invettiva contro l’abuso di sostanze. “It Is What It Is” alterna strofe al limite dell’afro-beat, alternate a delle parti che potrebbero far pensare ad un certo crossover alla System Of A Down, ed è un’inno all’accettazione della diversità, di qualsiasi tipo essa sia, From The Mouth strizza l’occhio alla dance music con un beat sottratto allo Uk garage, senza però avere pretese di entrare in nessuna classifica. Ci si concede un respiro con Don’t Think Twice, un downtempo up-beat con qualche tappeto di sintetizzatori, per poi passare a Chop Chop, il brano più genuinamente punk, che con il suo ritmo serrato, affronta il tema delle torture ed esecuzioni capitali in Arabia Saudita.
Chiude la track-list la strumentale 100% Yes che vuole lasciare gli ascoltatori con un messaggio positivo tramite un campionamento di un discorso del mistico e yogi indiano Sadhguru, il quale propone di accettare la vita come viene, di essere volenterosi senza essere selettivi.

Voto: 7/10
Stefano Sperandii

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