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8 Settembre 2014

Prime impressioni sui verdetti 71^ Mostra del Cinema di Venezia 2014

27 Agosto-6 Settembre 2014

venezia-2014-posterVerdetto senza sorprese alla settantunesima Mostra del Cinema di Venezia. La giuria capitanata, fatto inedito, dal compositore di colonne sonore Alexandre Desplat (per chi scrive il migliore dell’attuale generazione) ha premiato quei film che sin dal loro apparire avevano raccolto consensi. Leone d’Oro al film di Roy Andersson dal titolo che tradotto significa “Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza”. Svedese, nato nel 1943, attivo dal 1967, autore soprattutto di corti, Andersson è sconosciuto in Italia se non dai frequentatori di festival. Speriamo che questo film, una commedia surreale e ispirata dalla pittura di Hopper, dallo stile di regia molto personale, che chiude una trilogia sul senso della vita, lo riveli a quella parte del pubblico che a un film non chiede solo esplosioni o scandali a buon mercato. Un altro film in pole position fin dai primi giorni era “The look of silence” di Joshua Oppenheimer.

 

Era improbabile che per due anni di seguito vincesse un documentario, quindi il quarantenne texano prende il Gran Premio della Giuria con la seconda parte della sua ricostruzione dei massacri avvenuti in Indonesia sotto il regime fascista di Suharto, evento storico praticamente dimenticato, raccontati dal punto di vista delle vittime (nel precedente “The act of killing” parlavano iandersson carnefici, che mettevano in scena gli omicidi con stile bollywoodiano). Miglior regia ad Andrej Konchalovskij per “Le notti bianche del postino”. Regista noto soprattutto per “A 30 secondi dalla fine”, action da un soggetto di Kurosawa, il più censurato dal regime sovietico, ancora più del suo amico Tarkovskij, dopo un lungo esilio occidentale torna in patria con un film che dalle immagini viste appare visivamente magnifico, in molti avrebbero scommesso sul primo premio. “Hungry hearts” di Saverio Costanzo - regista che finora non ci ha convinto fino in fondo, ma con questo film ci incuriosisce molto - vede premiati i due interpreti, l’emergente Adam 2albaDriver e Alba Rohrwacher, attrice dalle capacità trasformiste degne di un De Niro. Nessun premio per “Il giovane favoloso” e “Anime nere”, che però hanno avuto grande consenso di pubblico e critica, cosa rara per Venezia dove spesso i film italiani sono fischiati a seconda di chi li produce. Premio Mastroianni per il miglior attore debuttante a Romain Paul per il film “Le Dernier Coup de Marteau”  di Alix Delaporte, regista di cui invitiamo a riscoprire il primo “Angele e Tony”, passato quasi inosservato.

 

Premiati anche l’iraniano “Tales” di Rakhsan Bani Etemad per la sceneggiatura e il turco “Sivas”, debutto per Kaan Müjdeci, mentre delude l’altro turco Fatih Akin. Nella sezione Orizzonti, dedicata a opere più sperimentali, premiati il film indiano “Court”, che parla di un caso di malagiustizia, e “Belluscone”, di Franco Maresco, tra i i film più applauditi. Rimane Pasolini-Abel-Ferrara-Venezia-71-600x399a bocca asciutta uno dei favoriti, “Birdman” di Alejandro Iňàrritu, regista che non amiamo, che aveva colpito per la straordinaria tecnica registica (viene in mente come l’anno scorso aveva colpito per la tecnica innovativa “Gravity”, uno dei film più brutti nella storia). Non convincono il “Pasolini” di Abel Ferrara, vittima di miscasting, buona prova di Willem Dafoe a parte; Andrew Nicol, che ci aveva fatto innamorare coi primi film e poi si è perso, e gli americani in genere; piacciono i film orientali escluso Kim Ki Duk, che fece film meravigliosi e ora è perso in un delirio psicotico. Ignorato dalla giuria Shin’ya Tsukamoto (l’autore dello stracult assoluto “Tetsuo”) che pure è stato apprezzato dalla critica.

 

Premi alla carriera per FrederickVenezia-2014-Leone-doro-alla-carriera-a-Frederick-Wiseman-1 Wiseman, grande documentarista, onestamente non consigliabile ai non addetti ai lavori, e a Thelma Schoonmaker, storica montatrice di Scorsese. La pletora di premi minori fa sì che quasi ogni film esca premiato dal festival: ci piace ricordare il premio Brian, assegnato dall’UAAR (Unione atei agnostici razionalisti) a “Mita tova” (“The farewell party”) di Tal Granit e Sharon Maymon, passato alle Giornate degli Autori. Nessuno scandalo, nemmeno da parte dei cattivi di professione Ulrich Seidl e Lars Von Trier, poca violenza e molta Storia. E adesso non resta che sperare che questi film abbiano distribuzione regolare nelle poche sale rimaste.

 

Alfredo Sgarlato

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